A 500 anni dalla morte, la mostra definitiva alle Scuderie del Quirinale
di Dario Pappalardo
ROMA
«Ci dite quando è dritto?». I due montatori in guanti bianchi sollevano la cornice e aspettano il responso. «Abbassa un po’ a sinistra». Gli avvitatori automatici sono pronti a scattare. « Va bene così? Perché poi lo fissiamo » . Occhio, non stiamo parlando di un quadro qualunque da mettere in salotto. Alle pareti grigie stanno per appendere un Raffaello. E con due invisibili ganci di sicurezza, pure. Per evitare che qualche Arsenio Lupin lo sfili via con semplicità. Scene da un allestimento kolossal. A pochi giorni dall’apertura della mostra dell’anno, il 5 marzo, le Scuderie del Quirinale sono il cantiere più bello del mondo. Nella piazza simbolo dell’unità nazionale è tutto un viavai di camion che consegnano casse color legno chiaro o rosse. Le etichette di provenienza – National Gallery, Uffizi, Musei Vaticani, Prado – tradiscono che non si tratta di un carico ordinario. Le opere prestate dal Louvre sono state tra le prime ad arrivare via terra. Seguiti da scorte armate, i tir hanno lasciato Parigi, dividendosi i capolavori: « Non si può caricare di valore assicurativo un solo mezzo di trasporto » , spiega il direttore delle Scuderie del Quirinale Matteo Lafranconi, che cura Raffaello 1520-1483 (le date sono volutamente invertite: il percorso che faranno i visitatori è a ritroso) con Marzia Faietti. E c’è poco da scherzare: gli oltre 200 oggetti esposti valgono in termini di assicurazione più di tre miliardi di euro, una cifra mai raggiunta prima in Italia.
Ecco già al suo posto, ma coperto, l’Autoritratto con un amico. Dove Raffaello non è più il giovane efebo di tante riproduzioni, ma un imprenditore di se stesso con la barba scura e gli occhi gonfi, forse un po’ provato dalla mole di lavoro degli ultimi anni di vita. Pochi passi più in là, nella seconda sala, il Ritratto di Baldassarre Castiglione, ma lo sguardo azzurro non si vede: l’imballaggio leggero, fissato con lo scotch, lo difende dalla luce. Anche questo dipinto proviene dal Lungosenna: il momento della sua ricognizione è stato registrato dall’équipe delle Scuderie come uno dei più emozionanti di questo allestimento completato in due settimane, ma frutto di un lavoro lungo tre anni. «La fase del montaggio è fondamentale – chiarisce Lafranconi – Qui si giocano la reputazione e il rapporto, rinnovabile o meno, con i prestatori, che sono alcune tra le principali istituzioni del mondo. In più, siamo in piazza del Quirinale e le nostre mostre hanno una responsabilità civile e una missione popolare: l’allestimento non deve essere autoriale, ma low profile, teso a valorizzare il discorso che vogliamo affrontare con il visitatore » . Il curatore solleva la carta e svela i disegni quasi mai visti delle antichità romane, il Vitruvio fatto tradurre dal latino e annotato a mano da Raffaello stesso e il gigantesco (5 metri per 4) arazzo scoperto a Madrid con La visione di Ezechiele: era il capoletto del baldacchino di papa Leone X. «Roma tra il 1512 e il 1520 poteva essere paragonata all’Atene di Pericle. Leone X porta la capitale del Rinascimento da Firenze a Roma: un’operazione che poteva riuscire solo a lui che era un Medici. La morte di Raffaello a 37 anni interrompe questo ciclo».
Al piano superiore, dove già brilla la Madonna d’Alba prestata per la prima volta da Washington, tre squadre composte da restauratori e movimentatori seguono come un vangelo il cronoprogramma. È la sceneggiatura dell’allestimento, un database fondamentale che riporta in dettaglio il check-in di ogni capolavoro, data e ora di sbarco dell’” ospite” e del suo accompagnatore. Solo rispettando questa tabella si fa sì che nessuno intralci il lavoro dell’altro e che si possa procedere a un ritmo che sfiora anche le trenta opere montate in un giorno. Una volta arrivato, il singolo dipinto deve attendere tra le 24 e le 48 ore prima di essere installato in mostra. Per evitare sbalzi di temperatura e di umidità, le casse – ognuna ha una sua climatizzazione – vanno lasciate chiuse in prossimità del luogo in cui saranno aperte. Portato alla luce, il quadro viene sottoposto al condition report. Alla presenza di un rappresentante dei prestatori, un restauratore esperto verifica che le condizioni del quadro siano conformi a quelle di partenza indicate dalla scheda del museo di provenienza. Natalia Gurgone, restauratrice delle Scuderie del Quirinale, aveva disegnato nei minimi particolari la Madonna del Granduca di Raffaello per l’esame di ammissione all’Istituto centrale del restauro. Ora se la trova davanti, adagiata su un carrello rosso con cavalletto, per analizzarla. «La bellezza di questo lavoro sta nel vedere le opere come dischiudersi da uno scrigno – dice – È un privilegio poter indagare così a luce radente dettagli che nessuno potrà mai notare a causa della luce a cui devono essere esposti i dipinti » . La ricognizione va a buon fine. Si passa all’handling, lo spostamento e l’installazione dell’opera nel luogo in cui deve essere esposta. Con la mano la restauratrice sistema la trama del velluto su cui poggia la cornice. Ora è tutto pronto, anche l’illuminazione della Madonna è quella giusta.
«La movimentazione è la parte più complicata – precisa Alexandra Andresen, responsabile dell’ufficio mostre delle Scuderie del Quirinale – Gli assicuratori temono più questo che il furto. Anche il viaggio, con le casse e i camion di nuova generazione, ormai non comporta più tanti pericoli. In sede di mostra, invece, si può appoggiare male un quadro e… insomma, bisogna anticipare i rischi » . Il ” registrar” è la figura che cura tutte le fasi tecnico- organizzative che si nascondono dietro una mostra, a partire dai contratti per i prestiti. « Sono per lo più le donne a ricoprire questo ruolo – continua Andresen – Forse perché abituate ad occuparsi di tanti aspetti insieme. Si tratta di una professione che dà poca visibilità. Ma passeggiare da sola nelle sale vuote, subito prima dell’inaugurazione, non ha prezzo per me. È il mio momento di gloria».