Nel 1951 l’Organizzazione mondiale della sanità ospitò la relazione di uno psichiatra londinese poco più che quarantenne, dal titolo Cure materne e salute mentale. Il futuro padre della teoria dell’attaccamento, John Bowlby, intellettuale eclettico dotato di profonda umanità, aveva raccolto e presentato le drammatiche evidenze statistiche sull’impatto della deprivazione della figura materna nelle vite dei bambini orfani e con patologia mentale.
Bowlby era responsabile dal 1946 del dipartimento infantile della clinica Tavistock di Londra, centro di eccellenza mondiale della terapia mentale, sorta nel 1920 nel quartiere di Bloomsbury e ancor oggi presente, circondata dai graffiti di Banksy. Era scettico sull’impostazione teorica della psicoanalisi del dopoguerra, dominata dalle teorie di Melanie Klein, e incontrava resistenze anche all’interno del proprio gruppo. Persino la sua principale allieva Mary Ainsworth, che ne apprezzava l’approccio non dogmatico, era diffidente sull’importanza che dava alla situazione reale del bambino rispetto a quella fantasmatica, e non convinta dell’interesse crescente verso il fenomeno dell’imprinting descritto da Konrad Lorenz.
In quei caldi giorni di maggio a Ginevra Bowlby fu in grado di lanciare un appello pressante: era tempo di riconoscere la cruciale importanza biologicamente determinata della relazione precoce madre-figlio. Fino a quel momento condizioni come povertà, cattivo stato della casa o monogenitorialità erano considerate sufficienti per separare un bambino dalla propria casa familiare e affidarlo a un istituto. Bowlby, che a sua volta da bambino vedeva i genitori non più di un’ora al giorno – come si usava negli ambienti altoborghesi vittoriani – ed era stato cresciuto e poi improvvisamente separato dalla sua amata tata Minnie, diede un impulso fondamentale alla prassi di conservare il legame tranne che in caso di abuso o grave incuria.
Gli effetti della sua monografia e dei fitti dialoghi che instaurò con i delegati di tutto il mondo furono molteplici. I bambini ospedalizzati, fino ad allora, godevano delle visite dei genitori per un’ora a settimana; ma proprio in quegli anni cambiarono i criteri di visita degli ospedali, che garantirono così pieno accesso ai genitori. E gli orfanotrofi, basilari nei Paesi che venivano da due guerre mondiali, cominciarono a cedere il passo alle adozioni sistematiche e agli affidi.
Bowlby cominciò apertamente a parlare di attaccamento, intendendo qualsiasi forma di comportamento (“attivo dalla culla alla tomba”) che porta una persona al raggiungimento o al mantenimento della vicinanza con un altro individuo differenziato e preferito. Secondo la sua teoria, il comportamento di attaccamento è la risultante di diverse risposte ereditarie che si strutturano nel corso del primo anno di vita: succhiare, aggrapparsi, seguire, piangere e sorridere. Questi comportamenti istintivi maturano fino a focalizzarsi su una specifica figura verso i 6-7 mesi, obbedendo a precise richieste evoluzionistiche: l’obiettivo è stimolare il complementare accudimento degli adulti per la protezione dai predatori e in generale dai pericoli, in modo da riuscire a sopravvivere fino all’età riproduttiva. Il legame primario con la figura materna (e poi quello con il padre e le figure di attaccamento che emergeranno nel corso dello sviluppo) determina quella che è definita la base sicura, la base di partenza da cui intraprendere comportamenti diversi da quelli d’attaccamento, come giocare ed esplorare l’ambiente, alla quale il bambino farà ritorno in situazioni di pericolo, fatica o malattia.
La relativa semplicità della teoria, con i quattro pattern relativamente stabili e trasmessi tra generazioni di attaccamento sicuro e insicuro (ambivalente, evitante e disorganizzato), ha contribuito alla sua capillare diffusione: sono stati creati gli strumenti della Strange situation di Ainsworth e della Adult attachment interview di Mary Main per misurare i comportamenti di attaccamento nei bambini e la sua rappresentazione negli adulti, e interventi specifici per relazioni genitori-figli non ottimali come il Circle of security. La sfida ancora aperta, sostenuta da Bowlby fino alla sua morte nel 1990, è quella del miglioramento dell’assistenza perinatale per le famiglie a rischio, dell’ottenimento di congedi parentali maggiormente estesi e del supporto per programmi di cura infantile di alta qualità: la sicurezza dell’attaccamento si costruisce precocemente e può garantire lo sviluppo di adulti protetti dalla psicopatologia e non paralizzati dalla paura.