Girato in argenteo bianco e nero e popolato di bambini non attori catturati dall’obbiettivo mentre fantasiosamente improvvisano risposte a domande più grosse di loro («Che cosa ti rende felice?», «Quando pensi al futuro come lo vedi?»), C’mon c’mon sprizza un’intenzione da documentario, resa possibile anche dalla presenza centrale di Joaquin Phoenix, il cui mix di calore e imprevedibilità porta un’empatia naturale a qualsiasi film. Nell’ultimo lavoro di Mike Mills, Phoenix è un giornalista radiofonico di NPR, alle prese con una serie documentaria sull’infanzia quando sua sorella Viv (Gaby Hoffman), con cui non ha mai avuto un grande rapporto, lo convoca a Chicago e gli affida il figlio di nove anni, mentre lei si occupa del marito (Scoot McNeiry) in preda a un ennesimo crollo psicologico.

Jesse (Woody Norman) è un bambino taciturno e sensibile, già ferito dalle inspiegabili crisi del papà. Le prime fasi del rapporto con lo zio – che Jesse manipola in modo da farsi portare a New York – non sono facilissime. John (Phoenix) è uno scapolo barbuto, spettinato e senza figli e -sembra- con problemi suoi di cui non sappiamo molto.

La connection immediata, reale, che stabilisce con i bimbi che intervista, non si traduce nel più complicato quotidiano con il nipote. Il loro passo a due tra le strade di Manhattan evoca classici del genere «uomo più bambino»,, dal neorealismo di Ladri di biciclette a Kramer contro Kramer, e include la classica scena in cui John si dispera perché crede di avere perso Jesse. Il magnifico The Little Fugitive di Morris Engel, è un altro punto di riferimento.

IL CALIFORNIANO Mills – i cui film precedenti (Beginners e 20th Century) erano ispirati rispettivamente da suo padre e sua madre, mentre questo è ispirato al rapporto con il figlio – arriva dalla videomusic e dalla grafica, e firma la sceneggiatura tutti i suoi film. La cifra del suo cinema è quella di una scrittura precisa e controllata. Lo stesso per la mise en scene. In superficie, Com’on com’on sembra rilassare un po’ quel controllo, ma nella realtà Mills non lascia mai che le cose prendano il volo, si «sporchino» di inatteso. E, mentre, con il procedere del film, la relazione tre Jesse e John si fa migliore e più profonda, lo script crea un teorema per cui anche quella con Viv si cura a distanza. Il tutto in mood un po’ lezioso e prevedibile, senza mai scavare abbastanza.