Seguo con molta attenzione gli sviluppi del caso di Ciro Grillo e dei suoi tre amici genovesi coinvolti in un presunto stupro in Sardegna nell’estate del 2019. Lo seguo perché nella mia vita e nella mia attività di scrittore ho dato molto spazio alla riflessione sui temi del sesso, sin dagli inizi, dal 1980 con Primavera incendiata, atto di omaggio a D.H. Lawrence, il “sacerdote d’amore” e principale esaltatore della natura e del sesso nel Novecento, di cui credo di essere stato e di rimanere l’unico seguace in Italia. Nella storiaccia sarda, di cui sono protagonisti Ciro e i suoi amici, di sesso nonostante le apparenze ce n’è poco. C’è una specie di attività sessuoide, fittizia, fatta di droga, alcool, prepotenza, machismo, incoscienza, gioco, volgarità, imbecillità.

Anche Ciro è una vittima, prima che un carnefice. Lo vedo messo in mostra da giorni e giorni in una foto con i piedi in piscina e intento a guardarsi quella tartaruga addominale (non so chi ha inventato una metafora che svilisce tanto quel nobile mitico animale) che oggi i deficienti credono un ingrediente fondamentale del fascino maschile: ha l’aria di uno che non sa niente di sesso, eros e amore. Suo padre era troppo impegnato prima a far soldi e poi politica per parlarne con lui. Oggi lo difende smodatamente, e appioppa a lui e ai suoi amici l’epiteto di coglioni: troppo poco davvero per quello che hanno combinato.

Lauria, quello di cui si parla meno, ha i lineamenti forti da attore del cinema francese, Capitta sembra uscito da una scollacciata commediaccia all’italiana, Corsiglia è un bel bamboccio dalle labbra tumide. Non mi stupisco che alla presunta vittima Silvia piaccia più lui di Ciro. E non mi stupisco neppure che Ciro si incazzi: ha portato la ragazza a casa sua, e ora se la fa un altro. Ma quello che più di tutto mi lascia interdetto è la assoluta mancanza di passione, sensualità vera, condivisione erotica che emerge da quella sciagurata nottata. Delle due ragazze, una si addormenta: buon per lei, le toccherà una offesa, una becera goliardata infantile, di cui neppure si renderà conto. L’altra rimane preda del branco. Ma non un branco di veri violenti: se no all’amica non sarebbe bastato dormire per salvarsi. Un branco di ragazzini insensibili, viziati, che non hanno mai letto un libro, utenti probabili di canzoni dei rapper e dei trapper dove ormai stuprare è sinonimo di far l’amore e troia di ragazza, presi nella rete dei selfie e dei video porno, per cui l’immagine virtuale non soltanto vale più della realtà, ma addirittura la sostituisce. Non giovani delinquenti. Giovani figli dell’epoca del porno social, meschino e insulso (al suo confronto, appare professionale e civile quello di un Rocco Siffredi), frutti immaturi dell’egoismo e di una perdurante anestesia spirituale.

Non voglio per questo né condannarli né assolverli, se ci sarà un processo li condannerà o assolverà un tribunale. Il vero delitto che hanno commesso è contro il sesso, l’eros, l’amore. Intendiamoci: non è che le generazioni precedenti fossero migliori. Era l’assenza dei social, del cellulare, del narcisismo di massa che rendeva certe pratiche più invisibili e private. Ma sono sempre esistite. Il campo del sesso non è tema da educazione igienica e clinica: il sesso è una parte del grande mistero che fa muovere l’universo, un abisso fatto di fango ignobile e di luminosi petali di fiori, in cui ci vuole coraggio a gettare lo sguardo. Criminalizzare il sesso è da ciechi. Praticarlo come in un lungo video di YouPorn è da zombi. La mia generazione, che ha conosciuto i tempi prima e quelli dopo il Sessantotto, la Beat Generation, gli hippy, la controcultura californiana e la cosiddetta rivoluzione sessuale, dovrebbe avere la memoria lunga: di sesso, al Liceo si parlava solo con termini sconci, con sghignazzamenti, con racconti osceni, come Bernard Show scrisse che accadeva anche  ai suoi tempi,  si leggeva di nascosto il poema Ifigonia, in cui un mito tragico e sublime , quello di Ifigenia figlia di Agamennone, diventava un parodistico porcaio, si imbastivano scherzi molto pesanti alle compagne di classe, roba che oggi ti sbatterebbero in galera. Autodenunciamoci: confesso che non partecipavo agli scherzi più spinti. Ma confesso che ne ridevo. Ero colpevole anch’io. Mi sembravano divertenti bravate, niente di più. Girare un’amante a un amico, praticare un turpiloquio senza freni, tra uomini o con donne compiaciute, contendersi una ragazza sinché qualcuno te la soffiava sotto gli occhi, erano cose molto più comuni di quanto oggi i miei coetanei diventati vecchi perbenisti vorrebbero far credere. Poi venne la grande ventata liberatoria, apocalittica. Che ha scardinato il sistema di potere patriarcale e maschilista su cui tutta la società si fondava. Allora per la prima volta fu stabilita la assoluta parità tra la donna e l’uomo, tra l’amore eterosessuale e l’amore omosessuale. Figure come quelle degli omosessuali, derise nei modi più indegni, discriminate, incriminate per secoli, sino al martirio di Oscar Wilde, furono finalmente liberate da ogni fardello di colpa.

È stata una rivoluzione culturale e spirituale dalla portata immensa: il sesso veniva sciolto dai vincoli, Eros riprendeva il suo posto nella società, l’amore si manifestava in una sintonia ritrovata tra il corpo e l’anima che ne faceva una forza, una forma, la più grande forma di energia al mondo. È di questo Amore, Energia & Luce, che Ciro Grillo e i suoi amici e forse tanti, troppi ragazzi e ragazze, donne e uomini di oggi mancano. È questo Amore, Libertà & Gioia, che Ciro Grillo e i suoi amici e tanti, troppi ragazzi e ragazze, donne e uomini di oggi offendono con il loro ritorno indietro, a una mentalità dove conta il possesso di un corpo, l’esibizione, la performance, con in più la riproducibilità attraverso i social.

Sono tanti, i colpevoli. E se innocenti sono quelli che amano davvero, che conoscono e seguono Amore come un Dio (peccato che Ciro Grillo, con una madre iraniana, non abbia letto qualche poeta Sufi), allora gli innocenti sono ben pochi. Le due ragazze vittime della nottataccia sarda: ho pena per loro. Ma, in maniera diversa, ho pena anche per il ragazzo Grillo, per Lauria, Capitta, Corsiglia. Additati al pubblico ludibrio per qualcosa che alla loro immaturità sembrava una festa, la prosecuzione del clima Billionaire, soldi da spendere, spocchia da esibire oltre la tartaruga addominale: e le ragazze affanculo (termine che ha fatto la fortuna politica di Grillo padre), le ragazze merce, le ragazze roba da assaggiare e mordicchiare, e gettare via. Si sono verificati casi di violenze sessuali ben peggiori. Bisognerà pure distinguere tra un Donato Bilancia e un Ci Grillo qualunque.  Ma questa è violenza del buio dello spirito, del vuoto di sentimenti, del denaro, della troppa sicurezza e della troppa insicurezza di sé. Di una giovinezza sbagliata. Che potrà redimersi soltanto con un lungo percorso di ascolto, di riflessione, di letture, di presa di coscienza dei propri errori.

Così spero almeno. Così auguro ai quattro ragazzi miei conterranei, che capiscano cosa vuol dire fare l’amore, un’arte delicata e difficile, e cosa è la felicità, che non sta di casa al Billionaire, e che nessuno ha mai neppure intravisto in un selfie sconcio, in un ghigno, in un video porno.

*Giuseppe Conte ha toccato temi inerenti il sesso e l’eros in molte poesie e nei romanzi: Primavera incendiata (1980), Equinozio d’autunno (1987), Fedeli d’Amore (1993), L’adultera (2008), Sesso e apocalisse a Istanbul (2018), Dante in love (2021).