Chi uccise Barthes? Sospetti su Eco e Deleuze (ma è una parodia) Studiosi.

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PARIGI È noto che il 25 febbraio 1980 Roland Barthes venne investito da un furgone mentre andava al Collège de France e morì un mese dopo per le ferite riportate nell’incidente. Meno conosciuta è la circostanza che in quel giorno di febbraio il grande semiologo aveva appena concluso al ristorante il pranzo organizzato da Jack Lang con il futuro presidente François Mitterrand.
«Quando l’ho saputo mi sono detto che c’era materia per un romanzo, il mio modo per celebrare il centenario della nascita di Barthes», dice Laurent Binet, che ha scritto un libro erudito, strampalato e divertente a partire da quel pranzo — che si è svolto davvero — e dalla falsa premessa che l’autore di Miti d’oggi sia stato ucciso.
La Septième Fonction du langage (Grasset) è una specie di parodia di thriller esoterico-complottista che pone la domanda «chi ha ucciso Roland Barthes?». I principali indiziati sono i protagonisti della vita culturale di quegli anni: da Umberto Eco a Louis Althusser, da Gilles Deleuze a Judith Butler a Bernard-Henri Lévy. L’ambiente dell’editoria di Saint-Germain-des-Prés ha accolto il romanzo con curiosità e qualche fastidio: si dice che Philippe Sollers sia tentato dal ricorrere agli avvocati per tutelare l’immagine sua — è protagonista di una partouze — e della moglie Julia Kristeva, raccontata in una serata disinvolta con Noam Chomsky a Berkeley.
Ma è evidente che si tratta di un gioco, nel quale il commissario di polizia Jacques Bayard che nulla sa di strutturalismo e French Theory si fa aiutare da un giovane professore di linguistica, Simon Herzog, che a Bologna sfugge a un attentato, a Parigi incontra Michel Foucault in una sauna gay con un gigolò, viene ricevuto da Valéry Giscard d’Estaing all’Eliseo e assiste a un assassinio con la punta di un ombrello avvelenata. Sullo sfondo politico suggerito dell’incontro vero con Mitterrand, «mi sono messo a immaginare perché qualcuno avrebbe voluto uccidere Barthes — ha detto Binet alla rivista “Les Inrockuptibles” —. Allora ho pensato, senza rendermene conto, a un intreccio alla Umberto Eco: un manoscritto che tutti vogliono e per il quale si è disposti a uccidere. Ho ripreso i lavori del linguista Roman Jakobson sulle sei funzioni del linguaggio e ho immaginato che potrebbe essercene una settima», ossia la funzione quasi magica di convincere chiunque a fare qualsiasi cosa.
Autore nel 2011 del fortunato HHhH – Il cervello di Himmler si chiama Heydrich (Einaudi) e poi di un meno riuscito racconto della campagna presidenziale di Hollande, Binet torna con un romanzo-Cluedo da intellettuali.
@Stef_Montefiori