Per uno che chiede: “A che scopo i poeti in miseri tempi?”, c’è un altro che risponde: “Poiché non ci suicidiamo/ ritentiamo sempre con il teatro/ anche se è la cosa più assurda/ e bugiarda”. È Thomas Bernhard. E con ben due opere del muriatico austriaco riaprirà il Piccolo Teatro di Milano, almeno nel 2021, tra gli spettacoli ancora da confermare (come l’atteso Hamlet di Latella): per ora, infatti, il più importante “Stabile” italiano annuncia solo la prima parte di stagione, da ottobre a dicembre, con una sobria, sin dimessa, conferenza stampa, l’ultima del direttore uscente (dopo oltre 22 anni) Sergio Escobar.A Escobar – al centro della recente polemica dei lavoratori, che lo ha portato di fatto alle dimissioni – si può imputare di tutto, ma non che sia un burocrate senza cuore: con grande sensibilità intellettuale se l’è presa ieri con il “distanziamento sociale: non sanitario, non d’emergenza, proprio sociale”, una scivolosa definizione che la dice lunga sull’impoverimento culturale causato, tra gli altri effetti collaterali, dalla pandemia. Proponendosi come “luogo di resilienza”, come già lo fu nel dopoguerra di Grassi e Strehler e in altri momenti tragici della storia di Milano e d’Italia (piazza Fontana…), il Piccolo propone un cartellone di basso profilo, con molti déjà vu e pochi ospiti internazionali, soprattutto a causa della limitata mobilità tra Paesi: in autunno troviamo i soliti Gifuni e Massini, Branciaroli e Lella Costa (con un omaggio ai cent’anni di Franca Valeri). Molto curiosi, invece, il Pinocchio dei marionettisti Colla; Tu es libre di Francesca Garolla (selezionato dalla Comédie-Française); La tragedia del vendicatore diretta da Donnellan in versione “reloaded”, con attori che rispetteranno il distanziamento in palco e indosseranno mascherine Ffp2, a dispetto del carnalissimo allestimento. Arte a parte, l’infilata di numeri snocciolata da Escobar è impressionante: lo Strehler potrà accogliere solo 260 spettatori su 990 posti, il Grassi 150 (su 500), lo Studio 140 (su 370): “Per il Piccolo le perdite si aggirano intorno ai 4 milioni di euro”. Unico dato positivo è la generosità del pubblico che non ha voluto il rimborso del biglietto delle recite saltate, regalando così al teatro 300 mila euro: è il secondo mecenate dopo una banca.

Al Teatro di Roma non va meglio: anche qui la calendarizzazione ufficiale si fermerà al 2020 “con molte produzioni proprie”, mentre la seconda parte di stagione sarà “rimodulata” in base all’evoluzione del virus, e conseguenti norme di sicurezza: all’Argentina, ridotto a 200 posti, si (ri)vedranno Popolizio e il direttore del teatro Giorgio Barberio Corsetti con un Kafka, mentre l’India riparte con “Oceano indiano”, un progetto di residenza per giovane compagnie, e recite all’aperto – meteo permettendo – per massimo 154 persone. Ancora senza titolo è la stagione di necessaria “reinvenzione”: Corsetti ha un’idea precisa di “Teatro pubblico come cantiere dell’immaginazione”; ora, fino ad agosto, si veleggia “Verso il ritorno” con un timido cartellone estivo, mentre nel 2021 saranno recuperati alcuni spettacoli annullati.

Anche al Nord l’hanno presa alla larga, imbastendo da settimane un “festival” : “Per noi la stagione 2020/21 è già iniziata con ‘Summer Plays’ che mette in scena 16 titoli di drammaturgia contemporanea”, spiega il direttore del Teatro Stabile di Torino Filippo Fonsatti. In autunno, invece, verranno recuperati i titoli cancellati durante il lockdown e/o interrotti (Binasco, Lidi, Dini…). “Potremmo intitolare questa fase ‘verso una nuova normalità’, perché nulla sarà più come prima a partire dal concetto novecentesco di ‘stagione’: meno ipertrofia produttiva e meno assillo per il botteghino, più attenzione alla partecipazione attiva delle comunità e al rischio culturale. La programmazione procederà per trimestri, come nel teatro di repertorio europeo, per poter reagire in tempo reale a eventuali fattori esterni”.

Un passo alla volta, gradualmente, si muove anche lo Stabile di Napoli, il cui palinsesto sarà presentato venerdì. Mimmo Basso, il direttore operativo, ha però confermato che “Scena aperta”, in corso al Maschio Angioino, è un assaggio di stagione, con il recupero di spettacoli interrotti (Pappi Corsicato, Lamanna, Luconi…) e classici contemporanei partenopei (Borrelli). “Intanto abbiamo dato un segno forte di apertura alla città. All’aperto è più semplice, ma questa estate potrebbe fare da ammortizzatore e incoraggiare il rientro in sala. Avremo un cartellone fortemente contrassegnato dal neodirettore Roberto Andò: a ottobre la ripartenza sarà molto mirata e attenta alle misure di sicurezza, ma tra gennaio e maggio contiamo di recuperare una qualche normalità”.