Cesa, Fitto e vecchie clientele quei nomi da un milione di voti.

CARMELO LOPAPA,
ROMA
È il ritorno dei gran ducati elettorali. Dei signori delle clientele, a sentire chi li disprezza, chi un po’ li teme, chi in qualche caso ne invidia la potenza di fuoco alle urne. Non ci sono le preferenze ma è come se ci fossero: collegi uninominali, listini proporzionali bloccati e con pochi nomi, allora rieccoli i ras delle casseforti elettorali. Aggrappati ai loro territori come le cozze agli scogli. Quelli che i voti sanno dove andarli a prendere, porta a porta, nome per nome. Succede al Sud ma non solo. Quelli che cambiano sigle ma i loro pacchetti da decine di migliaia di voti se li portano dietro. Perciò ricercati come al calcio mercato, dai leader dei partiti.
Poi c’è un partito nuovo di zecca che è stato costruito come un collage di figurine. Dal Piemonte alla Sicilia, nel neonato Noi con l’Italia, tutti pezzi da novanta.
Anzi, da novecentomila voti in su, racconta chi ha costruito l’operazione in laboratorio e ora punta a sfondare la soglia magica del tre per cento.
«Dalle prima stime fatte viaggiamo ben al di sopra delle 900 mila preferenze per la nostra lista al proporzionale, senza tenere conto dell’Udc di Cesa che ha appena aderito al progetto, il che vuol dire che il 3 è il nostro punto di partenza», racconta l’ex ministro Enrico Costa. Una tabellina che si passano di mano in mano i big della cosiddetta quarta gamba e che oggi Silvio Berlusconi al tavolo da pranzo ad Arcore sottoporrà a Matteo Salvini e Giorgia Meloni, nel tanto atteso vertice per iniziare a mettere a punto i termini dell’accordo elettorale. Perché il leader leghista continua a non volerne sapere di quelli che apostrofa appena come «poltronari» o «riciclati».
Sì, ma questi numeri? Come si arriva a 900 mila, un milione secondo i più ottimisti? «Al milione e 200 mila per l’esattezza, cioè al 4,4 per cento, si arriva perché alle Europee del 2014 l’Ncd ha raggiunto esattamente quei numeri, ma senza Fitto in Puglia, Tosi in Veneto, Cesa al Sud, Saverio Romano in Sicilia e tanti altri e il 70 per cento di Ncd, sia chiaro, ha seguito me», spiega sicuro Maurizio Lupi. Ecco, Raffaele Fitto, appunto. Da solo alle Europee ultime ha fatto boom con 284 mila preferenze personali. I suoi colleghi stimano che almeno 150 mila voti li dreni comunque dalla sua regione. Così Lorenzo Cesa con in dote lo Scudocrociato, che sempre alle Europee 2014 gli ha garantito tra Calabria e Campania i 57 mila voti che lo hanno portato a Bruxelles. Il blocco di Comunione e liberazione e l’area centrista che in Lombardia ha ancora in Maurizio Lupi il suo riferimento — e con lui nei quattro consiglieri regionali e due assessori al seguito — si stima possano muovere intorno a 150-160 mila voti. Renzo Tondo in Friuli Venezia Giulia porta con sé due consiglieri regionali e altri cinque sono (a sorpresa nel Nordest) con Fitto e giurano di portarne alla causa 50 mila. L’ultimo arrivato in squadra, Gaetano Quagliariello, a parte i suoi consensi tra Campania e Puglia, trascina sul carro anche il potente senatore laziale Andrea Augello, che ama raccontarsi così: «I miei trentamila sono accampati sempre là, nelle campagne fuori le mura, in sonno, pronti a entrare in battaglia quando serve». E sotto le insegne che servono, all’occorrenza.
Ma non è solo un affare da Centrosud. Si prenda l’ex sindaco leghista di Verona, Flavio Tosi, che alle Europee ha toccato i 99 mila voti personali, colonna del progetto Noi con l’Italia. Oppure Roberto Rosso, ex deputato forzista che alle Comunali di Torino del 5 giugno 2016 ha racimolato 19.334 preferenze con il 5,05 per cento, tutta farina del suo sacco. In Sardegna anche i “Riformatori sardi, col loro 8 per cento, si sono imbarcati. Inutile dire però che è al Sud e in Sicilia che Noi con l’Italia punta al colpaccio. «La mia formazione e quella di Cesa alle regionali di novembre nell’isola hanno raccolto il 7 per cento ciascuna: il 14 in due, per essere chiari», fa di conto Saverio Romano, ex ministro ed ex deputato verdiniano. Voti praticamente personali portati alla causa di Musumeci: 130 mila. Per non dire di Antonio Gentile, sottosegretario ex Ncd cosentino, passato armi e bagagli e pacchetti di voti calabresi alla nuova corte.
Come l’ex governatore molisano Michele Iorio, 49 mila voti alle Regionali perse del 2013. «Però attenzione alle sommatorie, in politica non funzionano quasi mai», avverte dall’alto della sua esperienza il sindaco di Benevento Clemente Mastella. Altro bomber da 60.333 preferenze alle Europee 2014, quando nella sua Ceppaloni doppiò da solo i voti del Pd (670 contro 380). Il pressing Fitto-Cesa per tirarlo dentro è insistente. Lui per ora resiste: «L’operazione ha senso solo se i protagonisti siedono con pari dignità al tavolo del centrodestra, non se fanno da ruota di scorta. Io? Ho verificato che forse potrei candidarmi benché sindaco. Non mi interessa, ma certo se Salvini insiste con questi veti, beh, forse potrei ripensarci».
La guerra dei signori delle preferenze non è relegata a destra, però. Il governatore campano Vincenzo De Luca, per esempio, non potrà essere della partita, ma in parte lo sarà. Soprattutto se riuscirà davvero a far candidare in un collegio uninominale della sua Salerno il figlio Piero, già lanciatissimo nella segreteria regionale Pd. E chiuderebbe il cerchio col collegio senatoriale per il capo della sua segreteria politica. Si tratta di Franco Alfieri, sindaco di Agropoli, sentito qualche giorno fa in procura per spiegare la frase con cui il governatore lo elogiava parlando alla vigilia del referendum con amici. Lui sì, «esempio del fare clientela come Cristo comanda».
Fonte: La Repubblica, www.repubblica.it/