All Iberian. B. e Craxi sono imputati dal 1996 per finanziamento illecito (23 miliardi di lire in Svizzera da Fininvest-All Iberian nel 1991, subito dopo la legge Mammì) e B. anche per i falsi in bilancio sulle centinaia di miliardi di fondi neri del sistema offshore All Iberian. Giugno ’98: dopo un anno e mezzo il processo, salta su un legale di B.: “La Procura non ha citato la Fininvest come parte lesa dei falsi in bilancio”: cioè come vittima dei reati del suo padrone e degli altri top manager Fininvest. Così la Fininvest non ha potuto costituirsi parte civile contro B., che non ha potuto chiedersi i danni da solo. Pare una barzelletta, invece è tutto vero. Il processo per tangenti prosegue, ma quello per falso in bilancio deve ripartire dall’udienza preliminare. Lì i pm citano come parte lesa la Fininvest, che ovviamente non si costituisce contro B., che intanto ha guadagnato 2 anni. Il processo-bis riparte nell’ottobre ’98, ma si riblocca subito: i difensori dicono che il capo d’imputazione è generico, non si capisce la differenza tra Fininvest Spa e gruppo Fininvest. I nuovi giudici annullano il rinvio a giudizio: terza udienza preliminare sulle stesse carte. B. finge di voler patteggiare e avvia trattative con i pm. Ma bluffa: pretende una condannina a 3 mesi, commutabile in multa. La Procura gli ride in faccia, ma intanto s’è perso altro tempo. Il terzo rinvio a giudizio arriva a fine 1999 e il secondo dibattimento parte a maggio 2000: tre anni e mezzo buttati. Gli avvocati ricusano la nuova presidente, che sarebbe prevenuta anche se ha dato loro ragione annullando il primo rinvio a giudizio. La Corte d’appello respinge l’istanza, ma la Cassazione l’accoglie: altri 9 mesi di udienze buttati. Il processo riparte per la terza volta il 27 marzo 2001. La difesa B. ricusa i due giudici a latere: respinta. Poi B. “riforma” il falso in bilancio: pene più basse, prescrizione più breve e niente più reato se la società è quotata e non è stata querelata da un socio. Siccome Fininvest è quotata e B. non si è querelato da solo, il reato è abolito. Nel 2005, dopo 9 anni di processo di primo grado, la sentenza: B. assolto perché “il fatto non è più previsto dalla legge come reato”. Cioè perché l’imputato se l’è depenalizzato.
Scandalo Mills. Nel 2005 la Procura scopre che David Mills, consulente inglese di B. per le società estere All Iberian, è stato corrotto con 600 mila dollari nel 2000 per mentire nei processi GdF e All Iberian. B. e Mills sono indagati per corruzione giudiziaria. B. vara subito la legge ex Cirielli: la prescrizione per corruzione giudiziaria scende da 15 a 10 anni. Udienza preliminare: solita ricusazione del gup, respinta. Nel 2007 il processo: ennesima gimkana fra cavilli, impedimenti e trappole varie. Nel 2008 B. torna premier e si mette al riparo col lodo Alfano: verrà giudicato solo quando non sarà più premier. Mills invece è condannato a 4 anni in primo e secondo grado per essere stato corrotto da B. La Cassazione sentenzia il 25 febbraio 2010: siccome la tangente fu incassata il 29 febbraio 2000, restano 4 giorni prima della prescrizione. Ma la Corte va dietro agli avvocati e retrodata la tangente a tre mesi prima: non quando Mills la incassò, ma quando i soldi finirono su un fondo. Colpevole e infatti condannato a risarcire lo Stato, Mills si salva per prescrizione. Intanto B. è tornato imputato, perché la Consulta ha cancellato il lodo Alfano. Il processo di primo grado avanza a passo di lumaca, anche grazie al calendario al ralenty chiesto dai legali e generosamente concesso dal Tribunale (un’udienza ogni 15 giorni). E finisce il 27 gennaio 2012 con le arringhe. Detratti i tempi morti delle leggi ad personam, la prescrizione scatta il 15 febbraio: ci sono 19 giorni almeno per la prima sentenza. Ma gli avvocati bloccano i giudici sull’uscio della camera di consiglio con l’ennesima ricusazione. La Corte d’appello, per istanze così pretestuose, di solito impiega pochi giorni per respingerle. Ma stavolta dorme per un mese e respinge solo il 23 febbraio. La sentenza arriva il 25: tempo scaduto e “reato estinto per sopraggiunta prescrizione” (10 giorni prima).
Diritti Mediaset. B. è imputato per falso in bilancio, frode fiscale e appropriazione indebita per 368 milioni di dollari nascosti all’estero gonfiando il prezzo dei film Usa acquistati da Mediaset. Fatti commessi nel 1995-98 con effetti fiscali fino al 2003. Il primo grado dura dal 2006 al 2012: 6 anni di corsa a ostacoli, mentre si prescrivono tutti i falsi in bilancio, tutte le appropriazioni e le frodi più vecchie. B. è condannato a 4 anni in primo e secondo grado, dove la prescrizione si mangia tutti i reati superstiti, salvo le ultime due frodi sugli ammortamenti 2002 (4,9 milioni) e 2003 (2,4 milioni). La prescrizione scatta il 1° agosto 2013 e, per scongiurarla, la Cassazione tratta il caso con gli altri urgenti nella sezione feriale presieduta da Antonio Esposito. B. e i suoi strillano alla negazione del “diritto alla prescrizione”: il centrodestra impone al Parlamento un giorno di serrata in segno di lutto. La sentenza arriva il 1° agosto, ultimo giorno utile, e conferma la condanna. La prima e unica definitiva, sfuggita per puro caso alla regola ferrea dell’impunità. Tant’è che ancora se ne parla, a palazzo, con comprensibile orrore. Lo capite adesso perché tutti, a parte le persone oneste e le vittime dei reati, strillano contro la legge blocca-prescrizione?