Udienze limitate al minimo indispensabile, accesso al tribunale consentito ai soli avvocati con conseguente chiusura degli sportelli aperti al pubblico. Inoltre è previsto il blocco totale della circolazione intorno al palazzo di Giustizia dalle 6 del mattino alle 14, mentre da venerdì sera sarà impossibile anche parcheggiare nelle strade adiacenti.
È una Catania blindata quella in cui sabato, davanti al presidente dei Gip Nunzio Sarpietro, si terrà l’udienza preliminare che dovrà decidere l’eventuale rinvio a giudizio di Matteo Salvini per sequestro di persona. I fatti contestati risalgono a quattordici mesi fa quando Salvini, all’epoca ministro dell’Interno del primo governo Conte, impedì per quattro giorni lo sbarco di 135 migranti dalla nave Gregoretti della Guardia costiera. «Mi sa tanto di processo politico», ha detto ieri il leader della Lega. «Che ci sia un tribunale che si permetta di giudicare una scelta di governo è un precedente pericoloso».
PAROLE CHE STONANO decisamente con quanto affermato solo fino a poche settimane fa, quando Salvini dichiarava di essere ansioso di presentarsi davanti a un giudice. Così come, dopo aver detto di non volere manifestazioni di sostegno («mi basta la vostra solidarietà», aveva scritto a febbraio su Facebook dopo il voto del Senato a favore dell’autorizzazione a procedere) adesso si prepara a sottoporre Catania e tutta l’Italia a un fuoco di fila mediatico tutto incentrato sulla sua difesa. Per tre giorni a partire da oggi negli spazi della Vecchia Dogana si terrà la kermesse del Carroccio sul tema della libertà («di cura, di parola, di coscienza, di religione», ha spiegato nelle scorse settimane Salvini), alla quale sono stati chiamati a partecipare parlamentari e big della Lega, ma anche esponenti di peso d Forza Italia (è atteso Antonio Tajani) e Fratelli d’Italia.
Il clou della manifestazione ci sarà sabato, giorno dell’udienza preliminare, quando è previsto un intervento di Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia appena eletta presidente dei conservatori europei. Non mancheranno neanche le contestazioni. Striscioni con la scritta «Leghisti not welcome» sono già appesi davanti agli ingressi dell’aeroporto etneo, mentre sempre da oggi e fino a sabato sono in programma sit in e dibattiti organizzati dalla rete Mai con Salvini, da Non una di meno, dalla ong Mediterranea e dal Pd.
LA VICENDA della nave Gregoretti avviene alla fine di luglio dello scorso anno, quando le fibrillazioni interne al governo gialloverde cominciano già a farsi sentire. La linea dell’esecutivo da tempo prevede porti chiusi alle navi delle ong ma per la seconda volta dopo il caso Diciotti coinvolge anche una nave della nostra Guardia costiera. Era stata infatti la stessa Gregoretti a soccorrere, raccogliendo anche un invito di Malta, tre imbarcazioni che avevano lasciato la Libia per dirigersi verso le coste europee. La nave dirige prima a Catania e poi, a causa delle cattive condizioni del tempo, il 26 luglio, nel porto di Augusta. E qui rimane senza avere il permesso di sbarco fino alla fine del mese.
Dal Viminale, infatti, comincia un braccio di ferro con le istituzioni europee per la distribuzione dei profughi, una trattativa che coinvolge anche palazzo Chigi e il ministero degli Esteri. Circostanza che permette a Salvini di affermare come la gestione del caso Gregoretti, e quindi le eventuali responsabilità, andrebbero attribuite all’intero esecutivo e non solo a lui. «Sulla neve c’erano anche due scafisti», è scritto nella memoria difensiva depositata nei giorni scorsi a Catania e nella quale si sostiene che i migranti «erano rimasti a bordo della nave senza pericoli e con massima assistenza, solo il tempo necessario per concordare con altri paesi europei il loro trasferimento. Il tutto nel pieno coinvolgimento del governo italiano», è scritto. Salvini ha comunque detto di non voler chiamare il presidente del consiglio come testimone. «Sabato devono decidere se ci sarà o non ci sarà un processo, io leggendo le carte direi che non c’è stato alcun reato, conto che qualcuno dica ‘grazie e arrivederci’», ha ribadito ieri il leader della Lega ai suoi.