Caso camici-Fontana: Dini puntava a 2,7 milioni di euro

Per lui si è mossa a difesa anche Giulia Martinelli, influente zarina lombarda, già compagna di Matteo Salvini, e capo segreteria del presidente della Regione Lombardia. È lei che ha raccontato di un Attilio Fontana “sbigottito” davanti alla notizia del contratto siglato tra l’azienda di suo cognato e la centrale acquisiti della Regione (Aria) per la fornitura di 75 mila camici al costo di 513 mila euro. Lo stesso governatore in diverse uscite pubbliche ha spiegato di essere tranquillo e fiducioso che tutto si sgonfierà. In realtà i recentissimi sviluppi dell’indagine milanese vanno nella direzione opposta svelando come l’affare dei camici per la Dama di Andrea Dini, cognato di Fontana, fosse di ben altra portata rispetto al già noto mezzo milione. Stando a quanto risulta in Procura, infatti, il guadagno a cui puntava Dini era di 2,7 milioni di euro, un tesoretto che equivale a circa 450 mila camici che Dama avrebbe voluto fornire ad Aria e al Pio Albergo Trivulzio (Pat).Nulla, dunque, che abbia a che fare con le presunte donazioni di cui Dini e Fontana hanno parlato solo successivamente. Anche perché Dama, risulta in Procura, a causa del Covid vedeva all’orizzonte l’annullamento pressoché completo del fatturato 2020. L’affare dei 2,7 milioni, come emerge dall’indagine, sarà discusso in più occasioni, ma non andrà mai in porto e al momento non è oggetto di contestazioni da parte dei pm. Ai magistrati risulta però chiaro quale fosse il progetto di Dini.

Il cognato del governatore la cui azienda è titolare del noto marchio Paul&Shark intendeva lavorare su due fronti. Il primo è quello di Aria dalla quale Dama il 16 aprile otterrà l’ormai famoso affidamento per la fornitura di 75 mila camici. Fornitura mai completata e dalla quale nasce l’indagine che vede indagati Fontana, il cognato Dini e l’ex dg di Aria Filippo Giovanni. Tutti accusati a vario titolo di turbata libertà nella scelta di contraente e di frode in pubbliche forniture, reato quest’ultimo contestato al presidente della Regione. Quel mezzo milione, dunque, sarebbe stato solo un “piccolo antipasto” prima del “piatto principale” rappresentato dalla fornitura ad Aria di 1,2 milioni di euro di camici. Il progetto, secondo l’indagine, avrebbe ottenuto anche un ok informale dallo stesso Bongiovanni (resterà però solo sulla carta).

Ancor più robusto il fronte del Pio Albergo Trivulzio (Pat), la storica Baggina dei milanesi, già travolta dall’indagine sulle morti sospette da Covid nelle sue Rsa. Qui, al momento, nessun dirigente risulta indagato. Il copione è però identico con l’ipotesi di un conflitto d’interessi, visto che le nomine dei vertici sono condivise tra Comune e Regione. La vicenda del Pat era già stata svelata dal Fatto l’8 agosto scorso. Ora anche questa storia rientra negli atti dell’inchiesta. Pure qui, come per Aria, si assiste a un “antipasto” servito il 30 aprile con un affidamento diretto in regime di urgenza per la fornitura di 6.600 camici a 48.312 euro. Viene siglato due settimane dopo quello di Aria. Il 27 aprile Ugo Ammannati, responsabile dell’area Alberghiero-Economale e Provveditorato del Pat, avvia una procedura negoziata in regime di urgenza per la fornitura di 224 mila camici per circa 1,5 milioni. La determina sarà vistata anche dal direttore del Dipartimento tecnico-amministrativo Rossana Coladonato e passerà sul tavolo del dg Giuseppe Calicchio, indagato per le Rsa e la cui nomina al Pat fu proposta da Fontana.

Questo, secondo la Procura, l’obiettivo di Dama che puntava a guadagnare 1,5 milioni di euro. Ancora a fine aprile il Pat necessita di mille camici al giorno. Da qui l’avvio della procedura negoziata che dovrà concludersi il 12 maggio, data troppo lontana rispetto alle esigenze, e che consiglia Ammannati a firmare l’affidamento a Dama dei 6.600 camici. L’azienda di Andrea Dini partecipa anche alla gara negoziata per i 224 camici. Inizialmente si presentano 21 aziende scelte, si legge nelle determina, “sulla base delle informazioni riguardanti la qualificazione economica, tecnica, professionale”. Dama, invece, stando al documento, “si presenta attraverso i contatti con l’area Alberghiero-Economale” insieme ad altri quattro. Dei 26 partenti presenteranno l’offerta in 4. Tra loro Dama che consegna l’offerta 4 minuti dopo la chiusura fissata alle 12 del 12 maggio. La procedura negoziata sarà però revocata con una determina del 3 giugno perché “la Protezione civile Regione Lombardia ha garantito il fabbisogno urgente di camici”. In quello stesso periodo con un’intervista ad Andrea Dini, Report svela lo scandalo dei primi 75 mila camici.

 

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