Casaleggio e la rete dei nuovi poteri: “La democrazia sarà solo sul web”.

Cene, salotti, requiem per i partiti. Così parla il “guru” del Movimento
Dall’attico più in vista della finanza milanese, il sogno di un governo mondiale chiamato Gaia sarà sembrato a Gianroberto Casaleggio un puntino sfocato lontano lontano. Qualche settimana fa, piazza Castello, dove il finanziere Francesco Micheli raduna di solito il cenacolo impastato di politica e finanza, finanza e politica. È lì che a un certo punto, a sorpresa, fa capolino Casaleggio junior. Lo accompagna Arturo Artom, il capo di una rete d’imprese del Nord che lavora da tempo alla fusione di potere col Carroccio. “È stato il nostro primo incontro – conferma Micheli, che prima del 4 marzo convocò anche quattrocento persone per Renzi – ma sono pronto a rivederlo di nuovo. È un ragazzo sveglio e intelligente, si vede che il padre ha seminato bene”. Eccolo, “Casaleggio il piccolo”. L’uomo che ha l’Italia chiavi in mano. Sognatore di un nuovo ordine planetario, coccolato però nel velluto dei salotti che contano.

Da un attico a un altro, così fa rete il nuovo potere. Lunedì sera a Roma, terrazza con vista Cupolone dell’hotel Atlante. Cena di autofinanziamento dell’associazione Gianroberto Casaleggio. Trecento euro per iscriversi, sessanta se ci si accontenta del menù. La musica è gratis, basta la festa del diciottenne del piano di sotto. Davide mostra slide, avvita link di potere. A tutti fa distribuire un santino laico a due facce: una con il logo dell’associazione, l’altra con un aforisma di Casaleggio senior. C’è sempre Artom, Gianluigi Nuzzi e Gianluigi Paragone. E poi il sociologo Domenico De Masi. Emilio Carelli incrocia un direttore Mediaset. “Che ci fai qui?”. “Sto nell’associazione, sono venuto apposta da Milano!”. Contaminazione pianificata, melting pot a gocce: ogni socio può presentare soltanto un altro socio, come in una catena. Invisibile, però, tanto l’elenco non è pubblico. “Ragioni di privacy”.

Non gli serve svelarsi, è il custode del sacro Graal del Movimento: l’associazione Rousseau. Lo sa anche Luigi Di Maio, che osserva dal tavolo accanto. Casaleggio ritaglia per tutti dieci cartoncini – “a”, “b”, “c”, fino alla “j” – e indica dieci obiettivi, agli ospiti il compito di individuare le tre priorità. Prende la parola Maria Rita Parsi, psicologa e volto noto in tv. È sua la lezione sul lato oscuro del potere, con tanto di parallelo tra l’esercizio del comando genitoriale e quello politico.

Tutto è concesso a Casaleggio jr., in questa sua luna di miele con la storia. Anche ignorare i sentimentalismi anarchici di Grillo, che sull’attico non vuole salire. Oppure raccontare dalle pagine di quel tempio democratico chiamato Washington Post che il Parlamento è un residuo del passato, proprio mentre il Movimento lotta per conquistare la presidenza della Camera: “La democrazia diretta, resa possibile dalla Rete, ha dato una nuova centralità del cittadino. Alcune organizzazioni politiche e sociali attuali sono destinate a scomparire. La democrazia rappresentativa, quella per delega, sta perdendo via via significato”. Poi certo, poliziotto buono e poliziotto cattivo, infatti Di Maio precisa: “Questo Palazzo per me è sacro”.

Affossare un sistema per comandarlo, ecco il piano consegnato da “Casaleggio il piccolo” al WP. Basta poco: lo scettro del web, la piattaforma che scrive le leggi, un’elite con la Rousseau Open Academy che promette “candidati di altissima qualità”: è tutto in mano all’erede di un esperimento collettivo da undici milioni di voti. Quindi basta con i “vecchi partiti moribondi” e pure antieconomici: “Ogni singolo voto – è il calcolo della campagna elettorale a cinquestelle – ci è costato 8 centesimi di euro”. E mille di queste cene di auto finanziamento, che faranno cassa assieme ai sei milioni di euro che gli eletti in Parlamento bonificheranno a Rousseau. “Il nostro obiettivo – giura Davide – è un milione di iscritti”. Basta stringersi un po’, in salotto.