Tutto parte da una barca arrivata nel 1999 a Riace con un carico di persone che si erano lasciate alle spalle brutalità da dimenticare: erano curdi, discendenti di un’antica civiltà mesopotamica, e la terra su cui erano sbarcati si chiamava un tempo Magna Grecia, perché della civiltà ellenica condivideva cultura, ricchezza e senso dell’ospitalità anche se ora il presente induce ad emigrare, a lasciare che le case si svuotino e l’economia si fermi.
Un sindaco coraggioso come Domenico Lucano capisce che gli stranieri che continuano ad arrivare possono dare una nuova speranza identica a quella degli italiani andati a cercarla altrove. Tutti si convincono di poter realizzare quella che chiamano l’utopia della normalità e il paese rivive nei nuovi laboratori artigianali, nella scuola, nelle case recuperate come la dignità e il rispetto.
Caroline Gavazzi è andata a conoscere questa realtà da vicino e a lungo, convinta che solo da un contatto diretto con i protagonisti poteva nascere un progetto intenso che andasse oltre la descrizione realistica.
Ha così realizzato primi piani in bianconero di queste persone riscoprendoli come uomini, donne, ragazzi che hanno storie da raccontare, speranze da coltivare, parole di fratellanza da pronunciare nelle loro molte lingue e nel loro nuovo italiano.
Ad ogni ritratto ha poi anteposto l’ingrandimento di un’impronta digitale impresso su una lastra di plexiglas, a sottolineare l’importanza dell’identità evocando tuttavia anche il sistema di rilevamento poliziesco.
Quanti prima erano oggetto di una superficiale attenzione, ora sono protagonisti che affermano la loro esistenza dicendoci “noi ci siamo” e sono contenti se anche chi li accoglie lo può affermare.
Caroline Gavazzi ci chiede di osservare bene quei volti attraverso i segni dell’impronta digitale che si frappone allo sguardo e lo scrutare diviene metafora dello sforzo da fare per abbandonare i pregiudizi e riuscire a cogliere la vera essenza delle persone. Per accorgerci che, forse, stiamo tutti fissando uno specchio.
Roberto Mutti