Carlo Levi, l’Italia negli occhi

1902-2022 A centovent’anni dalla nascita il Circolo dei lettori di Torino rende omaggio all’autore di «Cristo si è fermato a Eboli»

 

Le idee, la politica, la Lucania del confino. Dove tornò, nel 1960, con il fotografo Mario Carbone

di Ida Bozzi

Sono passati 120 anni dalla nascita di Carlo Levi (Torino, 1902 – Roma, 1975), figura di grande modernità per l’ampiezza dei suoi interessi, medico di formazione, scrittore, giornalista, pittore, politico, osservatore dell’Italia del Ventennio, di quella postbellica, e soprattutto del Sud, della Lucania che considerava «sua» anche se vi era stato mandato al confino, lui antifascista, nel 1935. Nell’anno delle celebrazioni, per rileggere a tutto tondo la figura di Levi, giunge l’ampia iniziativa della Fondazione Circolo dei lettori di Torino, «Tutta la vita è lontano»: un progetto dell’istituzione presieduta da Giulio Biino, che prevede molti eventi e due mostre, La Lucania nelle fotografie di Mario Carbone per Carlo Levi, al Circolo da mercoledì 9 al 28 febbraio, a cura della direttrice della Fondazione, Elena Loewenthal, e di Luca Beatrice, con Camera-Centro italiano per la fotografia; e la mostra dedicata alla pittura di Levi, Carlo Levi. Viaggio in Italia. Luoghi e volti, in collaborazione con Gam-Galleria civica d’arte moderna e contemporanea, sempre a Torino, dove è aperta da giovedì 10 febbraio all’8 maggio. In contemporanea, un ciclo di incontri, e ancora cinema, musica e letture sia al Circolo dei lettori sia in altre sedi cittadine, con scrittori, artisti e studiosi chiamati a raccontare il lavoro e l’eredità dell’autore.

In particolare, lo sguardo di Levi, che testimoniò le condizioni del Sud in Cristo si è fermato a Eboli (Einaudi, 1945), tornò spesso alla sua Lucania. Lo fece anche in veste istituzionale, nel 1960, per un progetto in vista delle celebrazioni per l’anniversario dell’Unità d’Italia e l’Expo del 1961, insieme a un altro sguardo d’autore, quello del fotografo Mario Carbone, calabrese di nascita, classe 1924, con cui condivideva l’attenzione alla società e al territorio. Appunto, 31 fotografie provenienti dall’Archivio Mario Carbone che narrano quel viaggio saranno al centro della mostra al Circolo. Una testimonianza unica, come ricorda lo stesso Carbone, raggiunto dal «Corriere» tramite il figlio Roberto: «Siamo partiti — spiega il fotografo — con l’idea di tornare nei luoghi del suo confino. Levi mi ha invitato e da subito ho capito che per me era un’occasione irripetibile. Abbiamo scoperto un mondo e un modo di vivere ancora incontaminati dal consumismo che sarebbe arrivato da lì a poco. Quindi, credo, inconsapevolmente abbiamo documentato l’ultima stagione di una Lucania “antica”». Eboli, Matera, Grassano, Ferrandina, Pisticci sono còlte nelle immagini di donne e uomini impegnati nel lavoro o nelle faccende quotidiane, di bambini nei vicoli, di piazze al centro della vita del paese. «Ad esempio, soltanto nella sosta a Eboli si possono notare i grandi manifesti pubblicitari, le insegne dei bar con i marchi degli aperitivi, delle industrie dolciarie del Nord. Dopo, il nulla: Cristo era ancora fermo lì».

L’impresa cementò anche l’affinità tra lo scrittore e il fotografo, prosegue Carbone: «Carlo Levi era una persona carissima, dotato di una sensibilità fuori dal comune, un torinese colto e cortese, parlava con tutti e a tutti rivolgeva attenzione senza distinzione, dal nobile al contadino. Lo ricordo molto emozionato: si interessava a quelle che erano ancora le emergenze sul territorio, i progetti, uno su tutti la questione abitativa dei “Sassi”. Poi ascoltava molto, e annotava».

Furono forse anche le impressioni del viaggio a convincere Levi della necessità di passare alla politica attiva, con il Pci: pochi anni dopo venne eletto al Senato. Prosegue Carbone: «Politicamente parlando, sia io che Levi eravamo convintamente di sinistra, io probabilmente più sognatore, Levi da buon torinese più pragmatico. Avevamo punti che ci avvicinavano, con modalità diverse, entrambi avevamo sofferto in anni difficili, con la guerra in mezzo, l’emarginazione, la discriminazione e l’esilio, io da calabrese al Nord, lui da torinese al Sud. Credo che Levi avesse la politica nel Dna, per i motivi citati, e non v’è dubbio che questo ritorno nei luoghi del soggiorno obbligato abbia contribuito a rafforzare le sue doti e la sua coscienza politica».

Anche per Mario Carbone l’esperienza del viaggio in Lucania con Levi fu importante: «Ho iniziato il mestiere di fotografo di bottega 85 anni fa, nel 1937, all’età di 13 anni. Quando ho intrapreso quel viaggio in Lucania, la mia esperienza si è indubbiamente arricchita. Sentivo di avere fatto delle foto che non si possono fare più».

 

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