Bernardo Bertolucci, tra soggettività e storia

Si è spento ieri a Roma a 77 anni Bernardo Bertolucci, il maestro che ha attraversato la cinematografia italiana e internazionale dagli anni Sessanta, figlio del poeta Attilio Bertolucci e poeta egli stesso; il regista e sceneggiatore che ha saputo guidare e seguire le evoluzioni stilistiche e formali del linguaggio visivo, sostanziando i suoi film con nodi fondamentali della storia e preservando tuttavia  la profondità nell’indagine dell’interiorità che rappresentano la cifra della sua personalità artistica, pur nella varietà delle modulazioni. Il suo percorso creativo si è sviluppato dalla dimensione soggettiva e introspettiva al grande affresco sociale e storico, da una prospettiva individuale e psicologica a una più ampia e polifonica, da un orizzonte nazionale a un’apertura internazionale, anche attraverso grandi produzioni, con un itinerario compiuto più volte in un senso e nell’altro.

Quando la vicenda ‘scandalosa’ legata a Ultimo tango a Parigi del 1972 lo portò alla ribalta internazionale, Bertolucci aveva già al suo attivo diversi film, da La commare secca, del 1962, su un soggetto di Pier Paolo Pasolini, a Prima della rivoluzione, del 1964; da La strategia del ragno, tratto da un racconto di J.L. Borges a Il conformista, del 1970, tratto dal romanzo di Moravia e inserito in una cornice storica ben delineata: gli anni del fascismo. La censura e le polemiche che colpirono Ultimo tango misero in parte in ombra l’intensa drammaticità della vicenda giocata sul binomio amore e morte, sesso e trasgressione. Atmosfere che ritornano per alcuni aspetti, seppure in forma assai meno tragica, anche nel molto più tardo The dreamers del 2003, un triangolo amoroso ambientato a Parigi nel 1968. Il suo nome è rimasto tuttavia indissolubilmente legato anche all’epico affresco delle vicende storiche e sociali italiane della prima metà del secolo di Novecento del 1976 e a L’ultimo imperatore del 1987, sulla vita di PuYi e ottant’anni di storia cinese, che si guadagnò ben nove Oscar.

A una dimensione più raccolta e per certi versi claustrofobica e ossessiva fanno riferimento film come La luna (1979) e L’assedio (1996) e in certa misura Il tè nel deserto (1990) nonostante l’ambientazione esotica, mentre Il piccolo Buddha (1993) si apre di nuovo a culture e prospettive ‘altre’. L’ultimo film che Bertolucci ci ha lasciato Io e te, del 2012, è tratto dal libro di Niccolò Ammaniti; di nuovo una vicenda intima e privata sul rapporto tra un fratello e una sorella sbandati e soli che sembrano trovare almeno per un momento una complicità fragile e delicata.