Banche, niente superdote

Le fusioni

 

F. Mas.

 

Salta la norma che doveva ampliare la «dote fiscale» per le fusioni tra banche. Dal testo finale è stata espunta la parte politicamente più dibattuta, in un ambito di aiuti a famiglie e imprese. Le banche che vorranno aggregarsi possono usare la norma già in vigore che prevede la trasformazione in crediti fiscali delle Dta, cioè delle imposte differite attive, con l’unica novità «marginale», l’ha definita il ministro dell’Economia, Daniele Franco. Non serve più l’ok dell’assemblea ma ora basta l’approvazione del progetto di fusione da parte del cda. «Nel 2022 potranno aver luogo solo code di procedure già approvate entro il 2021». Di fatto sono sei mesi in più alle banche — dato il tempo che ci vuole dal sì del board all’assemblea — ma non si va oltre il 2021. La norma era stata pensata dal governo Conte su Mps, che il Tesoro deve vendere. Il candidato ideale per la fusione è Unicredit, per convincere la quale si era ipotizzato di estendere il beneficio fiscale e la sua entità (oggi 2% degli attivi della banca più piccola) e di usarla in più fusioni, per agevolare il progetto Unicredit-Mps-Banco Bpm ipotizzato sul mercato.

 

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