AVVISAGLIE ALLARMANTI DI UN CAOS ISTITUZIONALE

 

di Massimo Franco

 

Può darsi che il voto del Senato dell’altro ieri abbia davvero creato una maggioranza da replicare nell’elezione del capo dello Stato. Non si può escludere nemmeno, però, che sia stata evocata per impedire che si consolidi. Viene da pensare che la bocciatura della legge Zan voluta da Pd e M5S sia piuttosto una somma di errori e di calcoli, esatti o sbagliati. E serva a segnalare soprattutto l’impossibilità di una qualunque regìa per la successione di Sergio Mattarella al Quirinale; e a additare preventivamente i franchi tiratori per la bocciatura di una futura candidatura.

Rischia di apparire quasi un alibi, per partiti incapaci di mediare. Il risultato è di condannarsi a uno scontro sulla presidenza della Repubblica, che porterebbe a un’elezione ritenuta di parte dai perdenti; e dunque potenzialmente delegittimata. Il fatto che al Senato l’umiliazione dell’asse tra il partito di Enrico Letta e il M5S di Giuseppe Conte venga attribuita ai giochi per il Quirinale, è in sé preoccupante: tanto più se l’esito era davvero prevedibile.

Né rassicura la rottura tra il Pd e Italia viva, e le polemiche velenose che la stanno accompagnando. È come se il retaggio di uno scontro politico e personale tra due ex premier della sinistra, Letta e Matteo Renzi, si perpetuasse scaricandosi sulle istituzioni. È possibile che Letta volesse far venire allo scoperto la lealtà infida di Iv, tentata dalla destra, e di un gruppo parlamentare dem che il segretario controlla soltanto in parte. Ma finisce per trasmettere un’immagine di debolezza proprio dopo l’indubbio successo suo e del centrosinistra alle Amministrative.

I grillini accreditano una narrativa secondo la quale l’accordo tra Pd e M5S sarebbe stato possibile fin dal 2018, se non si fosse messo di traverso Renzi. Questo, almeno, sostiene il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. Lettura forzata, che rimuove l’identità antisistema dei Cinque Stelle di tre anni e mezzo fa; e cerca di dare dignità a un’alleanza a sinistra allora impensabile, e oggi inseguita dal M5S solo perché si sta sgretolando. Non solo. La descrizione di un Movimento e di un Pd decisi a sostenere compattamente la legge Zan rimuove silenzi e riserve trasversali.

Accredita una strategia comune e una disciplina di gruppo, assenti sia tra i parlamentari del Pd che tra quelli grillini. Detto questo, è difficile pensare che se Letta avesse trattato, l’esito sarebbe stato diverso. Centrodestra e Iv avrebbero comunque puntato a affossare il provvedimento. La stessa unità proclamata ieri da Lega e FI sul Quirinale e sulla legge elettorale, presto estesa a FDI, appare virtuale perfino più di quella tra M5S e Pd. Quanto accade fotografa le avvisaglie di un caos istituzionale: anche se nelle stesse ore il premier Mario Draghi ha fatto approvare la legge di bilancio.

 

 

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