L’intervista
di Francesco Verderami
Franceschini: il M5S avrà bisogno di tempo, intanto inizia la verifica
ROMA «Se tempo fa ci avessero detto che in Emilia-Romagna una coalizione a guida sovranista avrebbe preso il 43% non ci avremmo creduto». L’introduzione di Dario Franceschini è un modo per mettere le cose in chiaro: «Il risultato è stato enormemente importante. Insieme al buon governo di Stefano Bonaccini, ha pesato l’eccessiva personalizzazione della sfida fatta da Matteo Salvini: è al suo secondo errore in pochi mesi, e questo fa pensare che ne commetterà altri. Ma non vorrei che da un eccessivo pessimismo passassimo ad un eccessivo ottimismo. Perché la vittoria in Emilia-Romagna non vuol dire aver ancora vinto in Italia. Intanto abbiamo perso in Calabria. E le prossime Regionali non saranno facili: il centro-destra è molto forte e pericoloso».
Il ministro della Cultura e capo-delegazione del Pd al governo parla ai compagni di partito, prima di parlare agli alleati dell’esecutivo: «Il risultato dei 5 Stelle sgombra il campo da un dubbio, e cioè che in Umbria fossero andati male perché si erano coalizzati con noi. Ora hanno corso da soli e l’esito è stato peggiore. È chiaro che il problema non è l’alleanza: quando un movimento nasce per opporsi al sistema e poi si trova a rappresentare quel sistema dal governo, o cambia linea o il progetto non sta in piedi. Ecco qual è la loro sfida. E in questa fase il Pd non deve avere tentazioni egemoniche né l’istinto dell’auto-sufficienza: in tal senso l’operato inclusivo di Nicola Zingaretti è intelligente».
Proporrete quindi ai grillini l’alleanza per le Regionali?
«La loro scelta non sarebbe ideologica, ma i loro voti potrebbero essere determinanti. Più in generale andrà comunque trovato un accordo, perché i governi per vivere a lungo devono avere una prospettiva politica. Ora, è vero che l’attuale governo è nato contro Salvini. E lo rivendico. Ma se questo è stato sufficiente per farlo partire, non lo è per farlo durare. Ed è evidente che di qui in avanti le nostre scelte di governo dovranno avere una funzione propositiva. Penso per esempio al tema della sicurezza: non ha senso attardarsi a parlare “solo” della cancellazione dei decreti Salvini. Dobbiamo piuttosto preparare un nuovo decreto sicurezza, un pacchetto di norme che mostri il modo differente in cui intendiamo affrontare il problema, dentro il quale ci sia “anche” l’abrogazione delle norme di Salvini. Senza dimenticare l’esigenza dei cittadini che chiedono protezione, compresa la protezione sociale».
Nel frattempo però il premier appare come un semaforo posto al crocevia dei due partiti. E l’agenda del 2023, di cui lui parla, avanti di questo passo verrà presentata nel 2023.
«Intanto Giuseppe Conte è un punto di stabilità, altro che semaforo. Eppoi avevamo detto che la scrittura dell’agenda di governo si sarebbe avviata dopo le Regionali di gennaio. E infatti inizierà giovedì (domani, ndr)».
In attesa di soluzione restano questioni come Alitalia, Autostrade, ex Ilva: l’unica attività che non si ferma è quella delle nomine.
«A parte il fatto che le nomine vanno obbligatoriamente fatte a scadenza di legge, vorrei ricordare che in questi mesi abbiamo avuto giusto il tempo per scrivere una Finanziaria definita una sorta di Armageddon. Pareva impossibile, ci siamo riusciti. Il resto viene adesso. E sarà la vera sfida del governo».
Il premier non cambia
«Fino al 2023
non vedo spazi né per
un altro premier né
per un altro esecutivo»
… Che arriverà al 2023 o in corso d’opera potrebbe essere sostituito?
«Nel rispetto dei ruoli istituzionali, parlando solo sotto l’aspetto politico, non credo ci sarebbe spazio né per un altro esecutivo né per un altro premier né per un’altra maggioranza. Ma non c’è un automatismo in base al quale si arriva a scadenza naturale di legislatura. L’approdo bisogna conquistarselo, bisogna cioè mostrare qualità nell’azione di governo, oltre a capire quali saranno le dinamiche dentro il Movimento».
E non c’è il rischio che, a forza di strattonare i grillini per portarli dalla vostra parte, incespichi il governo?
«Non credo ci sia questo pericolo. Certo, i 5 Stelle hanno bisogno di tempo. Tuttavia è necessario costruire un campo di forze riformiste che, per usare un lessico da Prima Repubblica, richiami a una sorta di Arco costituzionale. Bisogna cioè lavorare a una piena condivisione dei valori».
Dica la verità: si è pentito di aver contribuito a far nascere questo esecutivo?
«Rispondo così: che sarebbe successo se ad agosto Salvini fosse andato al voto, avesse vinto e qualche mese dopo — in piena “luna di miele” con l’elettorato — si fossero svolte le Regionali in Emilia Romagna? Oggi staremmo vedendo un altro film».
E che film stanno vedendo nel suo partito quanti dicono che con le elezioni in Emilia-Romagna «è tornato il bipolarismo»?
Il Quirinale
«I preparativi per
il Quirinale? Mancano ancora due anni,
è tempo perso»
«L’idea che il bipolarismo sia figlio del maggioritario e che il proporzionale sia il suo nemico, è smentito dalla storia italiana. Per cinquant’anni, con il proporzionale senza lo sbarramento, la vita politica del nostro Paese è sostanzialmente ruotata attorno al confronto bipolare tra Dc e Pci. Con l’avvento del maggioritario, al quale pure credemmo convintamente, siamo finiti nella frammentazione, nei ribaltoni, nelle coalizioni disomogenee. In realtà il motore di tutto è l’azione politica. E ritengo che il proporzionale con uno sbarramento al 5% semplificherà ulteriormente il quadro. E porterà a un bipolarismo di fatto Lega-Pd, ognuno con i propri alleati che avranno superato lo sbarramento».
Questa è una risposta a chi nel suo partito, attraverso il tema del bipolarismo, punta a un sistema elettorale maggioritario…
«Ma no, c’è stata solo una lettura un po’ frettolosa dei dati emiliani. L’Italia non è solo l’Emilia».
Dunque l’accordo sul proporzionale raggiunto in Parlamento non si tocca?
«Non capisco perché fermarsi. C’è un’intesa tra le forze di maggioranza, che in modo più o meno dichiarato piace a una larga fetta delle forze di opposizione».
Sta dicendo che sottobanco il proporzionale passerebbe con il gradimento di…
«Sto dicendo che serve al Paese».
Su una nuova legge elettorale c’è un’intesa
E piace anche a una larga fetta d’opposizione
Con il maggioritario, al quale pure credemmo,
siamo finiti nella frammentazione
Un’ultima domanda: non sente anche lei nel Palazzo un tramestio legato ai preparativi per la corsa al Quirinale?
«Mancano ancora due anni. È tempo perso…».