Ascanio Celestini “I teatri chiusi? Una presa in giro”

L’attore apre la rassegna online del Puccini con un testo su due anziani e la pandemia. Gli altri artisti in programma
di Elisabetta Berti
Se c’è un artista che soffre della mancanza di relazione con il pubblico quello è Ascanio Celestini. Narratore per eccellenza, raccontatore di storie, personaggi, pagine del passato e squarci di attualità, l’attore e autore romano si nutre dell’incontro con l’altro. Perciò in questi giorni è in piazza a Roma, in mezzo a chi manifesta contro lo sgombero del Nuovo Cinema Palazzo, perché «le relazioni reali sono possibili solo nei luoghi reali». Non a caso lui è stato il primo attore in Italia ad andare in scena, il 15 giugno al Teatro Sperimentale di Pesaro, « non appena è stato possibile riaprire i teatri al pubblico » , e sarà anche il primo ospite di ” Musica in scena 2020″ al teatro Puccini, più che una stagione un progetto multidisciplinare che consiste di otto spettacoli da vedere online. Il primo è appunto con Ascanio Celestini, il 1 dicembre, col monologo ” Il camminatore. Due vite ai tempi del contagio” accompagnato dalle musiche di Gianluca Casadei. Gli altri appuntamenti, tutti disponibili gratuitamente sui canali social del Puccini sempre alle ore 21, sono con Giulio Casale e Paola Dal Bon (4 dicembre), Catalyst (8 e 15 dicembre), David Riondino (11 dicembre), Giobbe Covatta (18 dicembre), Benedetta Manfriani ( 22 dicembre) e Daniela Morozzi con Stefano Cocco Cantini ( 29 e 30 dicembre). ” Il camminatore”, un testo per la radio presentato in primavera e ripreso per il Puccini in versione video, di fronte ad un leggio, è la fiaba contemporanea di due anziani, marito e moglie, che affrontano la pandemia di marzo; il primo con la rabbia e lo scetticismo di chi si sente invaso da un virus straniero, e la seconda con lo scoraggiamento di chi avverte la debolezza della nostra civiltà. Che è un po’ quello che prova anche Celestini quando pensa al trattamento riservato al teatro, « una presa in giro», dice: «Se si chiude un teatro, dove il contagio è molto improbabile se non impossibile, allora bisognerebbe chiudere tutto, a partire da certe catene di negozi che vendono stupidaggini » . Celestini, che in questi giorni raccoglie le storie dei senzatetto e di chi porta loro aiuto come materiale per il terzo capitolo della trilogia iniziata con “Laika” e ” Pueblo”, vede in cultura e scuola le due emergenze sociali del Paese: « Chiudere un teatro significa tagliare tutto un mondo, riti e abitudini difficili da recuperare. Per non parlare di quanto è faticoso riaprirli. Non dico che esista un complotto, non sono certo un negazionista, ma sento una forte disattenzione verso le relazioni umane. Che invece sono vitali». Specialmente per i giovani, « e tenerli a casa è un peccato mortale. Per generazioni li abbiamo additati come svogliati e disimpegnati e ora li chiudiamo in casa? Io mi sono sentito in colpa perché guardavo troppo Goldrake e ora non lasciamo loro nulla da fare se non Fortnite e la Playstation?». E se il teatro online «è necessario per mantenere vivo il contatto con il pubblico » , Celestini guarda al Belgio: «A gennaio lì i teatri riaprono».
Firenze – la Repubblicafirenze.repubblica.it

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