Anatomia di un governo orfano

di Ezio Mauro
Nonostante le alte temperature di questo inverno, al presidente del Consiglio Conte sembra riuscito l’ultimo slalom gigante sulla prescrizione, scivolando tra i paletti che Renzi e Di Maio avevano piantato sul suo percorso, fino a rischiare il capitombolo finale della crisi di governo. Il pericolo non è superato, ma soltanto rinviato e sospeso con un escamotage tecnico, e la minaccia rischia di accompagnare il cammino futuro del governo, che da oggi è salvo e insieme indebolito, dunque condannato a una perenne quarantena.
Questa condizione di permanente debolezza corrisponde esattamente al quadro politico attuale. Nata da uno stato di necessità per evitare la forzatura sovranista dei pieni poteri a Salvini, l’alleanza di governo ha esaurito rapidamente quella ragion d’essere e non ne ha saputo trovare un’altra. Come sempre il problema è di cultura politica: qual è l’orizzonte ideale di questo esecutivo, capace di determinarne la natura, di selezionarne gli obiettivi, di dotarlo di una base sociale, di proiettarlo nel futuro con un progetto per il Paese? Non si sa.
Non siamo davanti a un centrosinistra classico, perché il partito di Renzi è una forza centrifuga opposta al vecchio perno democristiano. Non siamo di fronte alla sperimentazione di una terza sinistra, dopo quelle del Novecento, che possa saldare l’elettorato dei Cinque Stelle con quello del Pd, perché Di Maio vuole rimanere nell’ambiguità trasversale dell’indistinto.
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segue dalla prima pagina C ome se si potesse evitare di scegliere da che parte stare mentre il razzismo torna a marchiare le porte delle case dei deportati, forzando il limite. Non siamo in presenza di un governo del presidente capace di raccogliere le forze in una fase d’emergenza, perché si finge che l’emergenza non ci sia (anche col Pil che rischia il ribasso), e nessuno degli attori politici è disponibile a un trasferimento di autorità a Palazzo Chigi.
Così il governo resta senza personalità e fatalmente senza nome, e il presidente del Consiglio da avvocato del popolo rischia di trasformarsi in difensore d’ufficio, che invoca la clemenza della Corte. La colpa non è del premier ma del metodo usato per assemblare forze diverse, provenienti da destra e da sinistra, senza un indispensabile chiarimento identitario, capace di contrassegnare la natura dell’alleanza e il carattere culturale dell’esecutivo. Un metodo puramente tecnico, appoggiato esclusivamente sui numeri, e non politico.
Come sempre la politica quando è messa da parte si vendica: il governo oggi ha i numeri, ma non ha nient’altro. Si potrebbe dire che ha i numeri ma non ha la maggioranza. Un governo orfano, l’unica formula che ancora mancava al fantasioso catalogo degli esperimenti italiani.
Ci sono infatti due forze, quella di Renzi e quella di Di Maio, che appoggiano il governo purché galleggi, senza prendere il largo. Hanno obiettivi distinti, ovviamente, ma lo stesso panico elettorale che li spinge a trasformare la governabilità in movimentismo e la politica in performance . Anche l’avversario è comune per ragioni diverse: un Conte rafforzato, che può guidare o dirottare i grillini (incubo di Di Maio) e può diventare punto di riferimento di una nuova alleanza a sinistra, allarme di Renzi.
Ma c’è qualcosa di più e di più importante, che scaverà sotto il terreno del governo nei prossimi mesi. Sia a Renzi che a Di Maio, infatti, i confini di questo centrosinistra anomalo stanno ormai stretti ed entrambi puntano a svincolarsi per giocare su un campo più largo. La differenza è che per il ministro degli Esteri una ricollocazione passa inevitabilmente per una scissione del suo movimento: mentre a Renzi potrebbe addirittura convenire un’esplosione del quadro politico che completi il Big Bang in corso nei partiti consentendogli una piena agibilità dei due lati del sistema, e un incontro con le forze di destra a quel punto in movimento.
Se è così, l’anno sarà decisivo. Purché si tenga conto che i margini di manovra delle forze di disturbo sono ambiziosi, ma limitati, perché la vera partita si gioca tra la destra e la sinistra. Ecco perché il governo e il suo premier non possono stare alla finestra, senza sciogliere l’incognita di questa strana alleanza tra populismo e riformismo, al tempo di Salvini.
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