Figlio, presto orfano, di un gerarca nazista, Ulay ha sempre malvissuto le proprie radici, rinunciando al nome e alla nazionalità tedesca e denunciando il nazionalismo in molte sue performance: in There is a Criminal Touch to Art, ad esempio, ruba dalla Neue Nationalgalerie di Berlino il dipinto Der arme Poet di Carl Spitzweg, il pittore preferito di Adolf Hitler, per poi donarlo a una famiglia di immigrati turchi in Germania. Il 1975 è l’anno fatale: ad Amsterdam conosce infatti la collega Abramovic. Fatale è anche il giorno: 30 novembre, data del compleanno di entrambi. “Prese la sua agendina e mi fece vedere che la pagina del 30 novembre era strappata”, scrive Marina nella sua autobiografia Attraversare i muri (Bompiani, 2016). “Dato che detestavo il mio compleanno, anch’io strappavo sempre la pagina corrispondente. Così presi la mia agendina e la aprii per mostrare la pagina mancante. Anche Ulay rimase a fissarmi. Quella sera tornammo a casa sua, e restammo a letto per i dieci giorni successivi”. La relazione durerà quasi tredici anni, tra amplessi, tradimenti, amplessi a tre con gli amanti di turno, tormenti, piatti rotti e arte.
Ulay “era alto e magro, con capelli lunghi e fluenti che teneva raccolti in una crocchia con un paio di bacchette – un dettaglio che mi colpì subito, dato che io facevo lo stesso con i miei… La nostra intensa alchimia sessuale fu solo l’inizio. Il fatto che fossimo nati lo stesso giorno era più di una coincidenza. Fin dall’inizio, respirammo la stessa aria; i nostri cuori battevano all’unisono. Ciascuno finiva le frasi dell’altro, sapendo esattamente che cosa aveva in mente, anche quando dormiva… Quell’uomo era tutto ciò che volevo, e sapevo che lui provava lo stesso per me… Ci sono coppie che, quando iniziano a convivere, comprano pentole e padelle. Ulay e io cominciammo a progettare di fare arte insieme”. Scorrazzando in giro per l’Europa a bordo di un furgone, concepiscono la numinosa serie di performance Relation Works, che comprende Relation in Space (portata alla Biennale di Venezia) e Imponderabilia, realizzata nel 1977 alla Galleria Comunale d’Arte Moderna di Bologna. Quest’ultima è una delle loro opere più famose: entrambi nudi, uno di fronte all’altro contro gli stipiti della porta d’ingresso, costringono i visitatori del museo a entrare di traverso, rivolti verso la donna o verso l’uomo: “È questo il gioco – spiega Ulay –: in un secondo devi prendere una decisione, ancora prima di poter comprendere perché”. Peccato che dopo appena mezz’ora la polizia interrompa l’happening ritenendolo osceno.
L’altra loro performance di successo è l’ultima, The Lovers – The Great Wall Walk , in cui percorrono a piedi la Grande Muraglia cinese partendo dai due capi opposti e incontrandosi a metà per dirsi addio. È il 1988, appunta sempre Abramovic: “L’avrei ammazzato. Per lui era facile: seguiva la Grande Muraglia nel deserto, dove tutto era piatto. Io invece non facevo che arrampicarmi su e giù per le montagne… Dato che il fuoco è il simbolo del principio maschile e l’acqua di quello femminile, si era deciso che lui partisse dal deserto e io dal mare. E confesso anche che, malgrado tutto, in quel momento speravo ancora di salvare il nostro rapporto”.
Finito il sodalizio con Marina, Ulay torna a dedicarsi perlopiù alla fotografia, con la sua monumentale produzione di Fotogrammi e Polagrammi, lui che aveva iniziato la carriera artistica con la Polaroid (di cui era diventato consulente già nel 1970), pur avendo studiato ingegneria. I due si rivedono pubblicamente al Moma nel 2010 durante la mostra-performance di Abramovic The Artist is Present: un pezzo di teatro straordinario, se non fosse che è arte contemporanea, ed è tutto vero, per commozione, struggimento, intensità, amore. Seguono scaramucce legali per i soldi, come nelle migliori ex coppie, con lui che fa causa a lei per alcuni diritti d’autore delle opere e danni all’immagine: il giudice gli darà ragione nel 2016, costringendo la donna a versargli 250 mila euro. Ma pace: “Era un artista e un essere umano eccezionale, ci mancherà profondamente”, scrive Marina su Facebook poche ore dopo la notizia della morte dell’ex compagno, mentre lo Stedelijk Museum di Amsterdam annuncia una mostra personale su Ulay a novembre. L’artista lascia mogli e figli in giro per il mondo: lui che “aveva sempre abbandonato tutti” ora l’ha fatto veramente.