«Abramo Customer Care», piange il telefono per 1900 dipendenti

Chiama Roma 060606, risponde Crotone. O, meglio, rispondeva. Per 5 anni il «centralone» di Roma Capitale è stato gestito in riva allo Jonio da 130 dipendenti. Era l’effetto del bando da oltre 10 milioni vinto nel 2015 dalla azienda catanzarese Abramo Customer Care, con ribasso monstre del 30,55%. Ma ora la Acc, un colosso da 3mila lavoratori forte di appalti con Tim, Enel, Vodafone, 120 milioni di giro d’affari messi a bilancio nel 2018, è in crisi verticale. È la holding di famiglia di Sergio Abramo, sindaco di Catanzaro per tre mandati, a giudizio per il processo Acqua sporca nelle vesti di ex presidente Sorical (ma il reato è stato dichiarato da poco prescritto).

Ora Abramo punta a prendersi la regione. È stato già consigliere nel 2005 e vuol essere lui il candidato della destra alle regionali del 14 febbraio. Ha la tessera di Forza Italia, ma i suoi rapporti con Salvini sono idilliaci. Nel mentre, la holding è sull’orlo del baratro. Il 22 novembre ha presentato al Tribunale di Roma-sezione Fallimentare, istanza per il concordato preventivo. Una doccia fredda per gli oltre 3 mila occupati, di cui 1.900 nel sito di Crotone. Acc ha comunicato ai dipendenti che lo stipendio da settembre non verrà pagato. Per i dipendenti la perdita del posto significherebbe un colpo definitivo al sistema produttivo calabrese.

L’Unione sindacale di base ricorda che il precedente piano industriale è stato archiviato il 29 settembre perché non ha prodotto i risultati sperati. «Una società con una mole di debito che ancora non conosciamo, che ricorre ad alcune mosse di ‘finanza creativa’ e chiede il concordato si sta comportando come una ‘Parmalat alla catanzarese’ che ha distribuito solo precarietà nella sua storia» dichiara Tonino Jiritano. Il concordato ha tempi lunghi per le retribuzioni pregresse e per il mantenimento dei livelli occupazionali. Quel che appare all’orizzonte è il più grande fallimento aziendale del capoluogo. Intanto, i lavoratori senza stipendio continuano a lavorare gratis. Lo stabilimento Datel di Crotone è a due passi dalla stazione ferroviaria. Prese vita all’indomani del primo evento alluvionale che nel 1996 costò alla città di Pitagora un colpo durissimo e perdita di vite umane. L’allora Premier Romano Prodi promise il rilancio occupazionale e dai primi sessanta dipendenti, sono quasi duemila i lavoratori crotonesi attualmente impiegati. Oggi, in un beffardo destino, quegli stessi impiegati perdono il posto di lavoro nel bel mezzo della seconda alluvione della città.

«Ci sentiamo come schiacciati dagli eventi» ci dice A., padre di tre figli, che lavora insieme alla moglie in Datel. «Continuiamo a lavorare nonostante le garanzie sui nostri stipendi vacillino di continuo. Se questo mese ci è stato assicurato solo la metà di quanto ci spetta di diritto, non siamo certi nemmeno che la stessa cosa avvenga a dicembre. Un mese di incognite in un momento difficile, difficilissimo anche per tentare nuove opportunità di lavoro». E se entrambi i posti di lavoro appaiono compromessi, due genitori temono specialmente per i figli. «Abbiamo da garantire il domani ai nostri bambini, uno dei nostri figli per anni ha dovuto viaggiare per avere garantita assistenza sanitaria e se fosse stato necessario oggi? Come avremmo potuto dargli le stesse certezze?».

E sono tanti i nuclei familiari in difficoltà, molteplici le esigenze che improvvisamente non si saprà più come affrontare. Tutto questo «nel silenzio più assoluto da parte dell’azienda. Il dialogo con noi dipendenti è stato interrotto improvvisamente. Tutti ci sentiamo trattati come scarti di cui liberarsi, quando in realtà siamo sempre stati operativi e produttivi». Fino al 2018 Acc premiava i suoi dipendenti con benefit annuali e premi di produzione per i suoi lavoratori. Poi tutto è cambiato. «Eravamo certi che nonostante la perdita di alcune commesse, altre ne sarebbero arrivate. Perché su questo si basa il valore del nostro lavoro che è sempre stato impeccabile». Impeccabile, ma non indispensabile per Abramo, la cui azienda di famiglia porta i libri in tribunale. Mentre lui prepara i santini per l’ennesima campagna elettorale.

 

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