A che punto siamo con la vicenda Monte

di Pierluigi Piccini

Da quanto si può capire, e cercando di interpretare i tanti silenzi, gli enti locali coinvolti nella vicenda del Monte dei Paschi sono fuori gioco o ininfluenti, sulle decisioni che il Governo sembra stia per prendere. Sono evidenti le contraddizioni delle posizioni che, di volta in volta, sono state prese e che denunciano il fatto che una vera ipotesi, credibile, non è stata mai sottoposta all’attenzione dei decisori. L’unica posizione che conosciamo è quella della maggioranza del Consiglio comunale, ormai datata, che non risulta aver subito modifiche. Ma vediamola, in sintesi, per come ce l’ha racconta l’avvocato De Mossi: azione legale della Fondazione nei confronti della Banca per un importo di tre miliardi e ottocento milioni; permanenza della direzione generale a Siena; soldi provenienti dall’azione legale utilizzati per riacquistare la partecipazione nel Monte dei Paschi. Vediamo perché l’intera operazione non è credibile. Si propone una azione legale, e allo stesso tempo si chiede la permanenza della direzione generale a Siena. Ma la richiesta di risarcimenti metterebbe ancora più in difficoltà la Banca, dandole l’estrema unzione. Il Monte i soldi non li ha, tanto è vero che dovrà procedere ad un aumento di capitale di due miliardi e cinquecento milioni, stress test permettendo. Il 15 di luglio ne sapremo di più, ma tutto lascia prevedere che i numeri veri, che verranno forniti dopo gli stress test, saranno impietosi e con molta probabilità anche i due miliardi e cinquecento milioni di euro non saranno sufficienti ad adeguare il capitale, così come previsto dal Codice civile. Sarebbe più opportuna una trattativa, come ha fatto intendere il presidente della Fondazione perché una causa, oltre ai disastrosi effetti economici, vedrebbe la sua conclusione nel giro di molti, ma di molti anni. Una trattativa sembra la soluzione migliore, a patto di dimenticare la cifra sopra ipotizzata, rassegnandosi a una considerevolmente più modesta. In ogni caso, non converrebbe impiegare la somma eventualmente ottenuta per sottoscrivere azioni del Monte, pena la sparizione della Fondazione qualche minuto dopo il sicuro aumento di capitale, necessario per superare le prime difficoltà della Banca. Tra l’altro, una operazione del genere, da parte della Fondazione, non è consentita dalla legislazione vigente. Allora come è possibile condizionare la permanenza della direzione generale a Siena? Il tema è anch’esso difficile: chi investirà nella banca farà sicuramente dei calcoli industriali, per recuperare nel più breve tempo possibile gli investimenti fatti. Quindi, la decisione non sarà politica ma esclusivamente economica. C’è una flebile possibilità di permanenza, ma fortemente residuale, di facciata e poco più. Quindi il teorema della causa contro la Banca, permanenza della Direzione generale a Siena e reinvestimento della sopra evenienze nella Banca liberata dalla presenza dello Stato non regge, non è credibile. E in tutto questo tempo questa è l’unica ipotesi messa in campo. Ah! Scusate, c’è anche quella della piccola banca della Toscana che, ammesso che ce ne fosse stato bisogno, è stata ulteriormente affossata dall’ipotesi dello spezzatino. Ipotesi sempre più credibile e forse l’unica rimasta sul tappeto, proprio per il vuoto di proposte alternative sensate. Noi siamo convinti che ci poteva essere una alternativa di Sistema, ma evidentemente non ha avuto il gradimento dei rappresentanti degli enti locali, ed è stata lasciata cadere.