“Sono spazi di politica e servono a costruire l’identità ma l’Italia lo ha dimenticato”. Parla Giovanni Pinna, paleontologo membro del direttivo dell’International Council of Museums
di Chiara Valerio
Giovanni Pinna è stato prima conservatore di paleontologia, poi direttore del Museo di Storia Naturale di Milano, poi presidente della sezione italiana e membro del direttivo internazionale di Icom (International Council of Museums). Ha studiato le ammoniti, i rettili triassici, i crostacei fossili. Ha scritto quello che, ad oggi, è considerato un classico della museologia italiana Museo. Storia di una macchina culturale dal Cinquecento ad oggi (Garzanti, con Lanfranco Binni). Dalla fine degli anni Novanta, sul suo sito, va componendo un’opera di natura miscellanea: Divagazioni sulla storia politica dei Musei .
Circa duemila pagine online, scandite in capitoli annotati e continuamente aggiornati che non hanno la pretesa di dare «l’interpretazione esatta e assoluta della storia dei musei alla luce del potenziale politico».
Duemila pagine sono tante.
«Dentroci sono idee soggettive sulla storia politica dei musei».
Capisco che dica soggettive però lei è stato direttore di un museo importante, di un planetario, ha scritto quello che a oggi è un classico della museologia.
«Sì, certo».
È uno snob?
«No,sonounincerto.Come dovrebbero essere tutti».
Perché ha studiato paleontologia?
«Mipiacevano le scienze naturali. Così mi sono iscritto a geologia che nella miatestaavevaanche unosbocco industriale – era la fine degli anni Cinquanta– poi sonostato cooptato dal mioprofessore di geologia per occuparmidi fossilie ho cominciato a fare l’assistente di paleontologia e poi ho continuato a fare il paleontologo.
Conscarso successo adire laverità perchéla paleontologia nonessendo una scienza esatta permette qualsiasi tipo di elaborazioni oscene. E politiche».
Ma non ha scoperto un giacimento giurassico sul lago di Lugano?
Perché le piacevano le scienze naturali?
«Nonso,mi sonosemprepiaciute.
Perchéforse sono infantile. Ai bambini piacciono le scienze naturali, gli animali, le piante, i fossili, i minerali.
Eroinfantile e ho studiato questa cosa qui.Poi ho fatto il Museo di Storia naturale che è un’altra roba infantile.
Percui hofatto unavita dabambino».
Che intende per elaborazioni oscene e politiche della paleontologia?
«Ilmeteorite, per esempio».
Quello dei dinosauri?
«Non è mai esistito il meteorite. È una teoria formulata da due studiosi, un’ipotesi, che è stata usata da vari organismistatunitensi perché funzionale alla politica reaganiana dello scudo spaziale».
E la sua teoria?
«Cometutte le storie vere è complicata. Al contrario della storia del meteorite che è semplice e piace a tutti. Arriva il meteorite e tutti morti, arrivederci e grazie. Allora uno dice, maperché icoccodrilli non sono morti? O perché idinosauri si sono trasformati in uccelli? Più complesso del meteorite. Parametri ambientali, indotti dalla deriva dei continenti per esempio,chehannoportato all’estinzionedi gruppi talmente specializzati da non poter andare oltre, mentre i gruppi non specializzati hannocontinuato a vivere.Questo moltoinbreve».
Quindi la specializzazione non fa
bene alla sopravvivenza?
«Fabenefino a un certo punto.Ci sono teorie straordinarie sul tema. La specializzazione porta all’estinzione macisonomeccanismi chefannosì chesiricominci tuttodacapo, ma con forme diverse. Molto divertente».
Come mai si è appassionato alla museologia?
«Nonhopotutorimanerealmuseo dopo la pensione. Di solito agli ex direttori si lascia una stanza. A me no.
Forse li avevo fatti lavorare troppo. Il paleontologo riesce a fare il paleontologo se ha i fossili. E io non ho piùpotuto.Perciò misono appassionato alla storia dei musei.
Avevo già scritto il libro sulla macchina culturale. È più interessante di studiare i fossili, nel senso che è più ampio. Ho fattoil progetto del museo del Cairo peresempio».
E poi?
«C’è stata la rivoluzione. E nonse neè
fatto più niente».
Aver studiato una facoltà tassonomica, l’ha aiutata nel progettare musei?
«Perchépensa che la paleontologia sia tassonomica?».
Perché è classificatoria.
«Mano, la geologianon è tassonomica, enemmenola paleontologia.È ricostruttiva. Può recitare tutta la vita conchiglietta A – conchiglietta B – conchiglietta C o tentare di ricostruire conlesue conchiglietteun mondo scomparso.Il paleontologofa questo».
Il museo serve a costruire un mondo scomparso o a immaginarne uno a venire?
«Ilmuseo è uno strumentopolitico, è sempre servito a scopi politici. In alcune situazioni questo è chiaro, in altre no,nel senso che alcuni regimi se neaccorgono eusano ilmuseo, pensiai regimi totalitari. Alla Russia per esempio, il fascismo no, il fascismo usavalemostre temporaneepiùdei musei. Cisono alcunipaesi cheancora nonsi sono accorti di questo fatto, o se nesono dimenticati».
Parla dell’Italia?
«L’Italia è un Paeseche hadimenticato l’uso politico dei musei. Alla fine della guerra laprima cosa fatta sono stati i musei. I musei significavano rinascita del Paese, insieme alle mostre temporanee.IlMuseo di Storia naturale è stato ricostruito, per esempio, era distrutto».
Esistono musei imparziali?
«No,ilmuseo esprime punto divista, natura, cultura e interessi diun gruppo politico o sociale dominante.
Costruisce una identità».
In che senso?
«Tutte le identità sono costruite. Musei comeil Louvreo il British sono espressionedi una identità imperialista. Posseggono oggetti di tutto il mondo e questo dà l’idea della vastità dei possedimenti. È attraverso il patrimonioche si costituisce l’identità».
Che differenza c’è tra patrimonio e cultura?
«Ilpatrimonio è espressione della cultura. Si può discutere poi se la cultura sia identitaria o no. Pensi ai marmidel Partenone.Sono stati scolpitida persone cheavevanouna certa cultura e certi costumi e abitudini, poi sono stati assimilati al Paese, e sono diventati espressione dellanazione».
Sono al British però.
«Infatti, i greci li vogliono indietro».
Prima diceva dei musei russi. Finita l’Urss cosa è successo ai musei delle
ex repubbliche?
«Hanno tirato fuori la loro identità non sovietica. Sono diventati più nazionali diquanto non fossero».
Internet può essere considerato un museo a crescita illimitata nel senso di Le Corbusier?
«Avevainmenteunmuseochepotesse ampliarsiin continuazione. Accettare cosesemprenuovecol procederedella storia o delle ricerche. Illimitato sia nel passatochenel futuro. Comunque, nonlo ha fatto.È divertente però.La reteè più comeun’enciclopedia».
Collezionare è una pulsione dell’essere umano?
«Gliuominihannosempre collezionato. C’entra la volontà di arricchirsi, ma soprattutto la memoria. Glioggetti possiedono una biografia culturale, in essi si accumulano diversi significati con il procedere delle vicende di cui sono stati testimoni».
Il narratore dei Finzi Contini, parlando proprio della casa dei Finzi Contini, osserva qualcosa come le persone dopo aver accumulato oggetti, accumulano altre persone.
«Bah, non lo so. Lo lasci dire a Bassani. Nonmioccupodipersone».
“Gli oggetti possiedono una biografia culturale, in essi si accumulano diversi significati”