di Andrea Greco
MILANO — Illimity, che ha superato giorni fa il miliardo di euro di capitalizzazione, mostra alla finanza italiana il futuro: «Specializzarsi e abbracciare le tecnologie, che offrono sinergie di costo e ricavo inimmaginabili fino a pochi anni fa». Lo dice Corrado Passera, già capo di Poste e Intesa Sanpaolo, che in tre anni ha inventato un gruppo quotato a 7,51 euro e che ieri (+140% dai minimi di marzo 2020) segnava 13,78. In tutto 1,09 miliardi di euro, a farne il secondo unicorno italiano dopo Yoox. Una bella soddisfazione per il manager fattosi imprenditore con la banca attiva nei crediti alle Pmi. Anche pecuniaria: Passera ha il 3% del capitale, ma dopo il traguardo dei 14 euro il pacchetto di fondatori e top manager potrebbe triplicare. L’unicorno è fiorito in un settore non dei più dinamici: e proprio per questo Passera ritiene che «c’è un domani per le banche tradizionali, che può essere meraviglioso se avranno il coraggio di abbandonare il modello universale. La finanza italiana è un po’ ingessata, ma questa fase è propizia per scuotersi». Vale se si parla dell’inguaiata Mps, la cui «trattativa con Unicredit mi pare ben avviata, ma alle condizioni di cui si legge non escluderei possano esserci anche altre banche interessate». O se riferito al duo Mediobanca-Generali, dove «si potranno certo realizzare nei prossimi anni operazioni di ridisegno del sistema in grado di creare grande valore».
Come si diventa unicorni italiani?
«Credendoci molto, perché le difficoltà, specie iniziali, ci sono state. Il credito è tra i settori più maturi e difficili: pochi credevano che avremmo raccolto 600 milioni da investitori italiani ed esteri con una Spac. Poi abbiamo comprato la banca veicolo e ottenuto le autorizzazioni di vigilanza in tempi relativamente brevi, e abbiamo attratto un team di talenti competenti e appassionati: eravamo 30 a inizio 2019, ora siamo in 700, usciti da 203 organizzazioni e per due terzi non ‘bancari’. Lì c’è stato da superare l’effetto start up: molte fintech perdono soldi per anni, noi nel quarto trimestre 2019 abbiamo raggiunto il pareggio e nel 2021 guadagneremo 60-70 milioni, con redditività del 10%. E il bello deve venire: ora che l’azienda è quasi tutta fatta i ricavi saliranno ben più dei costi. E nel 2023 il Roe andrà al 15%».
Qual è stato l’ostacolo più duro?
«Il Covid. Ci ha colto in un momento di abbrivio e anche a noi ha fatto male, ma come tante imprese abbiamo reagito e l’abbiamo passata. Ma i due segreti chiave sono di metodo: seguire con coerenza la specializzazione; e abbracciare le tecnologie senza timori creando una banca di nuova generazione, con una piattaforma modulare e tutta cloud, caso raro in Europa. Tutto questo valorizzando le migliori competenze sul credito e la conoscenza dei vari settori economici. Nei prossimi mesi il modello si rafforzerà con prossime partnership, anche con aziende non finanziarie, con cui condivideremo le nostre piattaforme».
Ora Illimity mira a ridurre la taglia delle Pmi clienti nell’intorno dei 10 milioni di ricavi l’anno: una nicchia dove tante banche perdono soldi. Voi come pensate di guadagnare?
«Quello delle piccole Pmi è un mercato potenziale da un milione di aziende, cui serve semplificare al massimo le transazioni e poter fare tutto da remoto. La vera sfida con queste imprese è il credito, perché in molti casi i bilanci storici possono essere del tutto non significativi. La valutazione del merito creditizio, per loro, deve basarsi sui dati andamentali e continuamente aggiornati. Per questo il nostro motore del credito si basa su una moltitudine di dati fino a pochi anni fa non disponibili né elaborabili: dai movimenti di tutti i conti correnti alla fatturazione elettronica. Si tratta di una vera svolta sia nel credito a breve termine sia per il credito agli investimenti».
Cosa farete col nuovo socio Ion, da tre mesi salita al 7,3% di Illimity e che ha pagato 90 milioni per usarne la piattaforma digitale?
«Andrea Pignataro è un imprenditore con visione forte e che mi ha molto colpito. La sua Ion adesso ha una presenza di rilievo anche in Italia: le sinergie possibili sono numerose, e tutte da studiare.
Ma essere associati a uno dei più grandi e sofisticati produttori di software bancario al mondo non potrà che spingere la nostra capacità di innovare».
Come vede le banche italiane?
«Le grandi stanno investendo molto in innovazione e questo le manterrà competitive. Per le medio piccole, noi siamo la prova che la tecnologia può rimpiazzare la scala, se c’è il coraggio di adottarla e focalizzarsi.
Chi saprà approfittare del nuovo paradigma avrà affermazioni inaspettate e impossibili prima. Lo dico con cognizione di causa».
Ogni tanto gira voce di un suo ritorno a capo di grandi gruppi e l’ultima voce è su Generali. Vero?
«Generali è una bella azienda, ma io oggi sono felice di inventare il nuovo e fare l’imprenditore, che è anche il lavoro della mia famiglia da sempre.
Quegli anni da manager mi sono serviti molto, ma ora sono tutto di Illimity».