Il sogno cinese di Ma Jian Feltrinelli

Nelle opere di Ma Jian, scrittore cinese esiliato in Europa, le cui opere sono totalmente censurate in Cina, sembra quasi che il legame con la propria patria sia reso ancor più stretto dalla lontananza, fisica e ideologica. Storia e cultura, passato e presente della Cina si fondono nelle sue opere visionarie, e lo scopo della feroce satira politica che caratterizza l’autore è non solo fornire all’Occidente un’immagine della Cina ripulita dalla propaganda, ma anche detonare un profondo cambiamento in Cina, risvegliando le coscienze dei cittadini di quel paese dove ora, ironicamente, è impossibile leggerlo. L’amore e l’attaccamento per la Cina trasuda infatti dalla critica spietata che Ma Jian muove al sistema politico cinese ma anche all’arrendevolezza dei suoi compatrioti, e l’identificazione titanica con quel paese che lo ha rifiutato è così forte, che probabilmente sono proprio i cinesi i “lettori modello” dell’opera, coloro che possono davvero comprendere appieno l’affilatezza dell’acume dello scrittore.
Per questo motivo, leggendo questo libro, ho capito di aver bisogno di aiuto esperto. Questa recensione a quattro mani è infatti frutto di una lettura “a quattro occhi”, portata avanti assieme a una sinologa, attualmente studentessa presso la Beijing Foreign Studies University di Pechino nell’ambito del Programma di Doppio Titolo in Scienze Internazionali dell’Università di Torino. Aver letto questo romanzo con la spiegazione di qualcuno che studia e conosce la Cina ha totalmente cambiato la mia percezione dell’opera, e ora questa spiegazione la vogliamo fornire a voi: questa recensione si propone infatti non solo di darvi un’opinione su questo libro quanto più informata possibile, ma anche di fornirvi gli strumenti per comprenderlo al meglio, e in questo modo, forse, capire di più anche la Cina contemporanea.
Tutto il romanzo ruota attorno alla tematica del ricordo: i ricordi sono infatti la condanna che accompagna la parabola discendente del protagonista Ma Daode. Pur essendo uno stimato politico di provincia, direttore dell’Agenzia del Sogno Cinese (richiamo delle tante agenzie statali che in Cina si occupano di capillarizzare la propaganda tramite feste pubbliche, censure sul web, eventi culturali, e altro), Ma Daode non riesce più a portare avanti il suo lavoro in modo obiettivo, perché «il suo sé passato e la sua vita attuale sono in opposizione come l’acqua e il fuoco» (p. 16). Ed è qui che lo stile satirico di Ma Jian entra in gioco, mescolando l’assurdità alla plausibilità: perseguitato dai ricordi traumatici della sua adolescenza vissuta durante la Rivoluzione Culturale, Ma Daode vorrebbe cancellare i suoi ricordi progettando un dispositivo che miri a sostituire i pensieri individuali con il Sogno cinese. Ma cos’è davvero il Sogno cinese, e perché si contrappone così fortemente ai ricordi della Rivoluzione culturale?
Il concetto di Sogno cinese nasce nel 2012, coniato dall’allora appena incaricato segretario generale del partito Xi Jinping in occasione di una visita ufficiale al Museo Nazionale della Cina. Nel suo discorso, il futuro presidente Xi presentava due dei concetti base di quella che sarà la narrativa alla base del suo mandato: il primo è il Sogno cinese, una sorta di termine ombrello dai confini sfumati, difficilissimo da definire. Non inteso, ovviamente, nella connotazione onirica del termine, come fa Ma Jian nella sua satira che prende tutto nel suo senso più letterale, ma inteso come un obiettivo comune, è un concetto che viene piegato alle varie esigenze del momento nei vari discorsi del presidente; generalmente il Sogno cinese fa riferimento soprattutto al Ringiovanimento nazionale, altro termine che ricorre nel romanzo, ogni volta che si sottolinea l’importanza di abbandonare il passato e guardare al futuro. Questa spinta progressista in pratica corrisponde al raggiungimento dei due cosiddetti “obiettivi del secolo”, da conseguirsi entro due date importanti: nel 2021, nel centenario della nascita del partito, l’obiettivo era l’eradicazione della povertà (evento celebrato poco fa, con pochissima risonanza da parte dei media italiani); e nel 2049, quando ricorrerà il centenario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese, l’obiettivo da raggiungere sarà la modernizzazione e lo sviluppo del paese. Uno svecchiamento, appunto: via il vecchio, spazio al nuovo. 
Ma perché tutto ciò sarebbe in conflitto con i ricordi che perseguitano Ma Daode? Cos’è la Rivoluzione culturale i cui ricordi perseguitano il protagonista? La Rivoluzione culturale, che invece non ricorre mai nel discorso politico contemporaneo cinese, fu un vero e proprio conflitto armato, fomentato dal presidente Mao, a cui presero parte studenti anche giovanissimi sul finire degli anni Sessanta. Il trauma che perseguita Ma Daode non consiste infatti solo nell’aver preso parte, da giovane, a questo scontro violento di adolescenti, ma rappresenta anche un conflitto generazionale che spaccò la Cina in due: giovani contro adulti, studenti contro insegnanti, figli contro genitori. Passato contro presente.
Nel discorso politico contemporaneo, quindi, c’è una spiccata propensione al futuro, all’abbandono di ciò che è tradizionale, alla modernizzazione, al ringiovanimento; in questo contesto di progressismo a tutti i costi, Ma Daode non riesce a elaborare i traumi del passato, uno su tutti la Rivoluzione culturale, con le sue atrocità. Se la Cina cerca di abbandonare il passato per concentrarsi sul futuro tramite il Sogno cinese, Ma Daode ironicamente invece è perseguitato dal suo passato proprio nei sogni, espressione del proprio sé più vero, che lui, con il suo dispositivo, vorrebbe controllare. Inoltre, per quanto il discorso politico utilizzi il passato rinarrativizzandolo a seconda delle esigenze del momento, ed escludendo categoricamente ogni menzione alla Rivoluzione culturale, ci sono moltissimi riferimenti al passato nel romanzo, anche al di là dei flashback del protagonista: basti pensare alla scena dissacrante del night club a tema Maoista, con prostitute vestite come Guardie rosse. Il tentativo titanico di Ma Daode di cancellare il passato emerge dunque in tutta la sua futilità.
Questa ideologia del progresso a tutti i costi, con tutta la sua contraddittorietà evidente ma apparentemente ignorata da tutti tranne che da Ma Daode, si rivela nel concreto nella menzione dei problemi che affliggono la città di Ziyang e il vicino villaggio di Yaobang, toponimi che, non a caso, corrispondono a luoghi reali nella Cina di oggi. Ma Jian infatti non può non citare i modi in cui questa tendenza al progresso e al ringiovanimento vanno a scapito delle numerosissime realtà ancora rurali presenti in Cina; il tema degli sfratti forzati è centrale, nel libro, rispecchiando uno dei più grandi problemi della Cina di oggi. L’autore si riferisce infatti alla pratica di abbattere villaggi di campagna e località periferiche per far spazio all’espansione delle metropoli, nonostante le proteste degli abitanti. Ma Daode stesso si trova a dover convincere gli abitanti di Yaobang ad andarsene, villaggio in cui lui stesso ha abitato nell’infanzia e nell’adolescenza, e questo ruolo assegnatogli è reso ancor più difficile dalla sua impossibilità di dimenticare il passato. La tragicità del conflitto tra ideologia e realtà, tra importanza della memoria e il progresso a tutti i costi, emerge nella triste storia dei cittadini di Yaobang: questi sfratti sono propagandati come rinnovamenti atti a migliorare le vite precarie dei cittadini di queste zone rurali, ma i sussidi garantiti agli abitanti di queste piccole realtà locali finiscono per essere poco più che irrisori, come evidenziato dal potente botta e risposta tra il protagonista e i suoi ex-concittadini descritto nel libro. Nel frattempo, l’Agenzia del Sogno cinese organizza feste atte a onorare gli anziani della comunità, mostrando di rivolgere al passato della Cina due pesi e due misure: da una parte, devozione filiale e rispetto delle tradizioni, dall’altra, progresso sfrenato.
Altro tema “caldo” su cui Ma Jian non risparmia stilettate è quello della corruzione dei funzionari pubblici, vera e propria piaga della Cina contemporanea. La costruzione di Ma Daode come personaggio debole, senza spina dorsale, viene rafforzata dalla narrazione dei numerosissimi doni che riceve in cambio di favori elargiti con abbondanza. Indimenticabile in questo senso è la scena in cui Ma Daode apre una scatola di dolcetti recapitatigli da un collega e dentro ogni dolcetto trova un lingotto d’oro, dono accolto con fastidio dalla moglie, che afferma che non hanno più spazio in casa per mettere i doni. La corruzione dei funzionari non si limita solo alla vendita di posizioni apicali in cambio di doni e tangenti, ma anche alla corruzione morale dei politici, che sfruttano l’abbondanza di denaro per condurre vite dissolute, tra abuso di alcol, cibo raffinato, e, come fa Ma Daode, un’incredibile quantità di amanti.
Analizzando il romanzo alla luce della Cina passata e presente, un lettore informato può dunque rendersi conto della verosimiglianza politica di molto di quel che accade, rafforzando dunque l’impressione che Ma Jian scrive indirizzandosi soprattutto a lettori cinesi. Tale impressione è confermata dall’abbondanza di piccoli accenni alla cultura e al modo di vivere della sua patria. L’importanza attribuita dal popolo cinese verso lo sport viene a galla con la menzione dei balli con il ventaglio nei parchi a cui partecipa la moglie del protagonista, pratica diffusissima in Cina, nonché con l’ostentazione che il sindaco Chen fa del fatto di andare al lavoro in bicicletta; inoltre la passione dei cinesi verso la letteratura si concretizza sia nel fatto che praticamente ogni personaggio si dedica alla scrittura, ma anche nella continua citazione di opere classiche cinesi da parte dei personaggi. Perfino la catena di ristorazione “I ravioli di Xi Jinping” del romanzo fa riferimento a una catena realmente esistente, la “Qingfeng Steamed Dumpling”, che dopo una visita a sorpresa di Xi Jinping nel 2014 divenne così celebre da assumere il soprannome del presidente stesso, diventando “I ravioli di Xi”: Ma Jian ancora una volta prende la realtà e ne estremizza il lato assurdo nel suo romanzo, dove questo avvenimento diventa perfino la base di un… Balletto!
In questo romanzo dunque Ma Jian si rifà al passato prossimo e al presente della Cina per orchestrare una storia assurda ma assolutamente plausibile, attaccando allo stesso tempo le numerose falle del sistema politico (e sociale) cinese. Già nella Prefazione, Ma Jian ci avverte che quasi tutto ciò che lui cita nel romanzo è vero: la potenza della satira dell’autore si cela nella sua strategia narrativa, che consiste nell’aggiungere alla realtà elementi non inventati di sana pianta ma resi letteralmente, concretizzando vizi e problemi sia dei singoli cinesi che del sistema politico, e indicando così i problemi di cui bisogna prendere coscienza, nella speranza che, per usare ancora le parole dell’autore nella Prefazione, «quando i miei figli avranno la mia età, almeno un paio dei miei romanzi saranno reperibili nelle librerie cinesi» (p. 10).

 

 

M. Olivi, in collaborazione con M. E. Sassaroli

 

 

 

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