Grazie alla procedura digitale sono 330mila in 3 giorni le sottoscrizioni per abrogare il reato di coltivazione per uso personale. L’ipotesi di voto in primavera su nove quesiti: ci sono anche i sei sulla giustizia e la caccia
di Giovanna Casadio e Viola Giannoli
ROMA — Il boom non era atteso. Sono 330 mila le firme digitali in tre giorni per il referendum sulla cannabis e altrettante per quello sull’eutanasia (che però con le sottoscrizioni raccolte con il vecchio metodo di moduli, autenticatori e banchetti ha sforato la quota delle necessarie 500 mila). Nessuno avrebbe scommesso sulla voglia di referendum, e peraltro su temi scomodi – la droga e il fine vita – che i partiti tendono a giocarsi ai dadi dei veti incrociati e delle campagne elettorali.
Riccardo Magi, di + Europa, tra i promotori del quesito sulla cannabis che elimina il reato di coltivazione e rimuove le pene detentive e amministrative, dice: «Il referendum vola, e questo è un segnale alla politica».
Ci sono voluti due anni di lavoro per un testo in Parlamento, che è già sotto i colpi della propaganda politica e, in parallelo, per un referendum abrogativo con l’Associazione Luca Coscioni, il Forum Droghe, Meglio legale, Antigone e decine di altri movimenti. Solo sabato scorso, l’11 settembre, è stata aperta la raccolta firme. Ed ecco il record di adesioni.
Di certo le firme digitali hanno fatto da detonatore della partecipazione e hanno aperto la strada alla stagione referendaria della prossima primavera 2022. Se saranno superati tutti gli step – ovvero verifica delle firme in Cassazione prima e il vaglio di ammissibilità dei quesiti da parte della Consulta poi – saranno forse nove i quesiti, a cui aggiungerne uno sulla caccia. Oltre a eutanasia e cannabis, ci sono anche i sei quesiti sulla giustizia i cui promotori sono Partito Radicale con Maurizio Turco e Matteo Salvini e la Lega.
La rivoluzione per cui ora basta possedere Spid o carta d’identità elettronica per la sottoscrizione (ma si è aggiunta la possibilità di riconoscimento a distanza attraverso una speciale piattaforma) si deve all’ostinazione di Marco Gentili, co-presidente dell’Associazione Coscioni e malato di Sla. È stato l’incontro tra lui e il ministro per la Transizione digitale, Vittorio Colao ad aprire la breccia che ha avuto nel quesito sull’eutanasia il suo banco di prova. Anche in questo caso, alla Camera si procede con un testo di legge, ma al rallentatore. Il blitz “firme online” è riuscito grazie a un emendamento di Magi al Decreto Semplificazioni in Parlamento, che ha accelerato i tempi rispetto a quelli previsti dal governo. «Una rivoluzione», ripete Magi. Commenta Mario Staderini: «La firma digitale ha aperto la gabbia della democrazia con due effetti: far tornare i referendum in mano ai cittadini, sottoscritti direttamente da loro (l’ultimo referendum popolare è del 2011) e imporre nell’agenda politica questioni scomode per i partiti e gli equilibri di potere». Ex segretario dei radicali, fondatore di “Democrazia radicale”, Staderini ha richiamato l’attenzione del Comitato dei diritti umani dell’Onu sulla burocrazia e gli impedimenti che in Italia boicottavano di fatto referendum e leggi di iniziativa popolare. E nel 2019, il comitato Onu ha condannato l’Italia per violazione del patto internazionale sui diritti politici, dal momento che «irragionevoli ostacoli » rendevano impervio promuovere referendum, tanta e tale era la difficoltà di raccogliere le 500 mila firme necessarie. Ma è la politica oggi ad essere chiamata in causa. L’astensione nelle urne aumenta, i partiti sono messi in discussione, mentre i referendum avanzano?
Sempre Staderini sospetta: «Qualcuno sarà spaventato e tenterà di aumentare il numero di firme a un milione per i referendum abrogativi magari porre nuove restrizioni. Ma ormai il treno della partecipazione è partito e non si dica che i referendum saranno troppi e la gente confusa ». Nel 1993 si votò per 8 quesiti, andò a votare il 75% degli elettori con risultati diversi, ad esempio ci fu un 90% di sì per abrogare il finanziamento ai partiti. Per presentare le firme c’è tempo fino al 30 ottobre e l’estensione dovrebbe riguardare anche la cannabis.