ROMA – Dopo il patto della spigola siglato con Beppe Grillo sulla spiaggia toscana, oggi Giuseppe Conte, leader incaricato del M5S, è stato ricevuto dal premier Mario Draghi. Un faccia a faccia durato 45 minuti con il premier più che altro in ascolto. Al centro il tema della riforma della Giustizia, votata all’unanimità dal Consiglio dei ministri, che tanti mal di pancia ha suscitato tra le fila ‘grilline’, che da subito hanno alzato i toni, va cambiata. Ma la ministra Cartabia ha già risposto picche, la riforma è il risultato di una mediazione ed è stata approvata da tutti i ministri, compresi quelli del M5S.
Che fare? Conte, l’avvocato del Popolo, ha bisogno di marcare il territorio, di far valere la forza parlamentare del M5S che al momento è comunque il primo partito. Per questo sarà costretto ad alzare i toni, non potrà accontentarsi di aggiustamenti marginali. Altrimenti il messaggio sarà chiaro: li leader incaricato e il M5s non contano più nulla.
Da segnalare poi che anche il Pd di Enrico Letta sta spingendo per apportare modifiche, perché il Parlamento deve poter comunque dire la sua, intervenire. Una posizione che non è stata ben accolta dagli
interessati.
Dopo l’incontro Conte ha subito parlato con i giornalisti: “E’ stato un faccia a faccia proficuo. Abbiamo assicurato il pieno sostegno, e sulla giustizia ho assicurato il contributo costruttivo del M5s. Ma ho ribadito che saremo molto vigili nello scongiurare che non si creino sacche di impunità. Nell’iter parlamentare su questo saremo molto attenti”, la prima sottolineatura. E poi la seconda: “Ho ribadito che saremo molto vigili nello scongiurare che non si creino soglie di impunità” nella stesura della riforma della giustizia, ha detto il leader del M5s, con una aggiunta sospettosa: “Non abbiamo parlato della fiducia ma di eventuali interventi che possano migliorare il testo. Al governo stanno a cuore tempi molti rapidi
nell’approvazione ma c’è una dialettica parlamentare che è anche giusto che si sviluppi”.
Insomma, non sarà una passeggiata, e Conte ha rilanciato la palla a Palazzo Chigi: “Io mi rimetto a soluzioni che siano tecnicamente sostenibili, non ideologicamente convincenti perché su questa base ci potremo dividere“.
Matteo Salvini, leader della Lega, si è subito infilato nella partita, lanciando un avvertimento: della riforma della giustizia che porta il nome della guardasigilli Marta Cartabia “non si tocca neanche una virgola”. Su questa partita il Governo rischia? “Spero di no- ha risposto Salvini- perché Enrico Letta e Giuseppe Conte non mettono tanto in discussione la riforma Cartabia o Draghi, mettono in discussione il buon utilizzo di 200 miliardi di fondi europei. Hanno parlato di Europa, Europa, Europa per mesi e quello pericoloso ero io, adesso alla prima riforma seria che arriva in Parlamento per utilizzare bene e velocemente i fondi dell’Europa e che taglia i tempi del processo civile e penale, Conte e Letta fanno i capricci”. Quindi, “tutta la vita sostegno a Draghi e per quello che riguarda la Lega non si tocca neanche una virgola”.
Proprio sul fronte del Centrodestra continua la guerra senza esclusione di colpi, oggi addirittura Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, esclusa dai suoi alleati dal Consiglio d’Amministrazione della Rai, si è vendicata scippando un senatore a Forza Italia: “Non mi sento di sostenere più col mio voto questo governo”, ha detto il senatore Lucio Malan che ha lasciato Forza Italia per aderire a Fratelli d’Italia.
“Di recente ho dato voto di dissenso o non voto ma c’è troppo poco cambiamento rispetto al governo Conte 2 su una serie di temi, ad esempio la questione dell’assegno per i figli“, ha spiegato durante una
conferenza stampa con Giorgia Meloni.
Sul versante squisitamente politico, da segnalare la presa di posizione del Vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli (Fdi): “Il presidente del Consiglio Draghi che incontra l’ex presidente del Consiglio Conte è la rappresentazione plastica della nostra democrazia. Due nominati, privi di voti popolari, discutono, ragionano, si confronto sui destini dell’Italia e degli italiani, senza che gli italiani abbiano mai espresso un consenso per fargli esercitare questa delega. La democrazia è delega per eccellenza, parlamentare o
diretta che sia dovrebbe obbligatoriamente prevedere il passaggio elettorale“.