Il ddl Zan divide la politica ma spacca anche il mondo cattolico, che non è quel blocco monolitico obbediente alle «note verbali» della Segreteria di Stato vaticana e agli appelli della presidenza della Conferenza episcopale italiana, ma una realtà decisamente più complessa e variegata, come ha illustrato anche un recente sondaggio Ipsos-Corriere della sera, secondo il quale tra i cattolici praticanti il 47% è favorevole al ddl Zan, il 29% contrario.
Ha infatti superato le 1.100 firme la lettera aperta – nata fra i cattolici di base – inviata a senatori e senatrici che chiede di «approvare senza modifiche» il disegno di legge per la prevenzione e il contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità.
«Come cittadini, credenti lgbt e loro genitori, gruppi, associazioni cristiane e non, operatori pastorali che conoscono da vicino la condizione delle persone lgbt+ abbiamo deciso di lanciare un ultimo appello ai nostri rappresentanti in Senato per spiegare perché consideriamo importante approvare, senza modifiche, il ddl Zan», dicono gli attivisti di Progetto Gionata (www.gionata.org), portale web su fede e omosessualità, principale animatore dell’iniziativa. In poche ore hanno risposto all’appello 71 organizzazioni: il movimento Noi Siamo Chiesa, il Cipax, la parrocchia sant’Alberto di Trapani, l’agenzia di informazioni Adista, molte comunità cristiane di base, fra cui quella dell’Isolotto a Firenze e di San Paolo a Roma; nel mondo protestante la Federazione giovanile evangelica, la Federazione delle donne valdesi e metodiste, la Rete delle donne luterane. E oltre mille persone: qualche parroco, diversi preti, religiosi e religiose, alcune teologhe e teologi, pastore e pastori evangelici, tanti e tante credenti.
«In Italia dal 2013 ad oggi sono state registrate 1.285 vittime della violenza dell’omotransfobia, di cui 191 solo quest’anno – spiegano –. Siamo dell’opinione che la mancata approvazione del ddl, per queste persone e per la società italiana comporterebbe un danno maggiore rispetto agli eventuali inconvenienti, su cui si potrà intervenire in seguito, grazie ad un confronto schietto e fecondo».
Gli «inconvenienti» sono alcune formulazioni controverse e complesse previste dal ddl che tuttavia, secondo i firmatari della lettera, vanno mantenute, a cominciare dalla dicitura «identità di genere», perché «complessa è la realtà esistenziale che descrivono». Circa poi i rischi paventati dalle gerarchie ecclesiastiche che la legge possa limitare la libertà di espressione o imporre alle scuole una sorta di «dittatura ideologica», si tratta di falsi allarmi: «Riteniamo che l’articolo 4 offra a chiunque sufficienti garanzie, tra l’altro già assicurate dalla Costituzione», spiegano, e che nelle scuole si voglia promuovere non la fantomatica ideologia gender, ma «un’educazione al rispetto di ogni persona nella sua diversità affettiva e sessuale».