Via l’emendamento ma è guerra nel Pd lite tra Giani e Rossi

Il consiglio cancella la norma dei sospetti, quella che avvantaggiava gli imprenditori delle pelli nello smaltimento dei rifiuti: anche pericolosi
« Rossi? Beh oggi dovrebbe essere contento anche lui», sibila con l’aria un po’ di sfida Eugenio Giani uscendo dall’aula del Consiglio regionale che ieri ha cancellato la norma dello scandalo, quell’emendamento fatto passare in fretta e furia dal Pd proprio un anno fa, il 26 maggio 2020, per abbassare i controlli ambientali alle concerie di Santa Croce sull’Arno poi finite al centro dell’inchiesta della Dda di Firenze sulla Ndrangheta. Le parole dell’ex governatore Enrico Rossi, che accusa il Pd di essersi piegato ai privati e lo stesso Giani di aver fatto male il “notaio” quel giorno in aula, rimbombano nella testa del presidente e lo spingono a reagire: «Io sono sempre stato rigoroso e quando ho capito che c’era un margine di dubbio ho dato io l’indicazione di tagliare la testa al toro e abrogare la norma, cosa che tutti i partiti hanno votato. Fu semmai la giunta Rossi a difendere quell’emendamento con una delibera in cui decise l’opposizione in giudizio di fronte al ricorso del governo». Ma Rossi avvertì il Pd di non fare quell’emendamento, mise in guardia? «Se Rossi avvertì Pieroni o qualcuno io non ne sapevo nulla, a me non ha mai detto nulla: del resto in Consiglio non veniva mai», manda a dire il governatore. E allora chi fece quell’errore madornale, come dice Rossi? « L’errore lo ha fatto semmai il gruppo del Pd, non io. Io all’epoca stetti alle indicazioni del gruppo» dice Giani rintuzzando Rossi e aprendo un altro fronte, stavolta pure lui coi Dem. Che tacciono e non ribattono. Mentre Rossi rispara a zero: «Giani non può fare il furbo oltre ogni limite. Ho già spiegato che dovemmo resistere in giudizio alla Consulta per non pregiudicare la natura mista dell’impianto di Santa Croce. Lui invece tenta di gettare fango su tutti strumentalmente mentre è evidente la sua responsabilità nell’ammettere al voto quell’emendamento senza un parere tecnico. Dice di essere stato un notaio ma un notaio è sottoposto alla legge. Io l’ho rispettata, lui no perché o è complice o è un irresponsabile. Vogliamo rivedere il video del Consiglio?» tuona l’ex governatore. E nel giorno in cui la ” macchia” della norma pro- concerie viene cancellata ( tutti favorevoli, il dem Pieroni, indagato, che la propose, non partecipa al voto) un clamoroso nuovo scontro frontale è servito. « Ora dobbiamo chiamare in commissione d’inchiesta Rossi » chiede il leghista Marco Landi e lo stesso pensa in Fratelli d’Italia Torselli. « Si cancella la norma ma non vanno via le ombre » incalzano i 5 Stelle di Galletti. Lo stesso dice la leghista Montemagni mentre la sua collega di partito Tozzi sceglie di uscire dall’aula perchè « la toppa è peggiore del buco». Di certo quella norma era insostenibile: « Fu definita dall’avvocatura regionale ” un maldestro tentativo lobbistico” » rivela ieri Capecchi, Fdi. Nel Pd la paura di ritrovarsi contro l’opinione pubblica infervorata su una nuova questione morale cresce. — e.f.
https://firenze.repubblica.it