Vaccino, sette le aziende in corsa. L’Europa si cautela con un altro accordo. Tutte le domande e le risposte sullo stop
Proprio ieri la commissione europea ha concluso con Pfizer e Biontech il suo sesto pre-accordo commerciale, per 300 milioni di dosi, dopo quelli con AstraZeneca, Sanofi-Gsk, Johnson&Johnson, CureVac e Moderna. In tutto il nostro continente ha prenotato 1,5 miliardi di dosi. «L’Italia continuerà a investire in prima linea nella ricerca per il vaccino anti-Covid» rassicura il ministro della Salute Roberto Speranza, mentre per il giornale inglese Financial Times lo stop di AstraZeneca durerà addirittura solo una settimana. Per l’azienda anglo-svedese è il secondo caso sospetto: a luglio c’era stata una reazione dubbia, sempre di tipo neurologico, che si era rivelata una sclerosi multipla indipendente dalla vaccinazione. L’inciampo di AstraZeneca forse darà ancora ragione all’immunologo americano Anthony Fauci, secondo cui avremo un vaccino sicuro solo nel 2021.
Domande & Risposte
Cosa si intende per evento avverso?
Un disturbo che appare dopo la vaccinazione. In genere sono problemi molto lievi. Nel caso di Oxford-AstraZeneca, il 60% dei volontari della fase due ha avuto arrossamento attorno alla puntura o qualche linea di febbre. «Ma quando si presentano problemi più seri occorre interrompere le somministrazioni e avviare indagini approfondite» spiega Andrea Cossarizza, immunologo dell’università di Modena e Reggio Emilia. «Si forma un comitato di una decina di esperti indipendenti dagli sviluppatori del candidato vaccino e sotto il controllo delle autorità regolatorie che dovranno dare l’autorizzazione finale. Se si scopre che l’evento avverso è legato da una causa diversa dal vaccino, i test ripartono in tempi rapidi. Quando sono necessari esami tossicologici complessi, si può arrivare a 6-8 mesi di stop».
Che disturbo ha avuto il volontario?
Il volontario (una donna) ha avuto un disturbo neurologico chiamato mielite trasversa. Non è grave, sarà dimessa oggi. «Si tratta di un’infiammazione del midollo spinale” spiega Vincenzo Silani, neurologo dell’Istituto Auxologico italiano e professore all’università di Milano. È un disturbo raro: colpisce 1-8 persone su un milione in un anno. «Può essere causata da virus, batteri, funghi o da reazioni autoimmuni. A seconda del punto della colonna vertebrale colpito, i sintomi possono esprimersi agli arti, con dolori, deficit motori o di sensibilità. I trattamenti sono lunghi e complessi ma in genere efficaci. Solo in rari casi l’esito è la paralisi permanente. Si tratta comunque di un disturbo serio. In passato ci sono stati riportati casi di mielite post-vaccinale, ma molto rari». Per questo ora i controlli saranno molto approfonditi.
Che succederà ora alla sperimentazione e ai volontari?
AstraZeneca aveva quasi completato la vaccinazione dei 50mila volontari della fase tre in Gran Bretagna, Stati Uniti, Brasile e Sudafrica. Ma ora le somministrazioni sono bloccate ovunque. Verranno riviste le cartelle cliniche dei volontari per capire se hanno avuto sintomi lievi associabili all’evento avverso di oggi. Non tutti i volontari sottoposti alla puntura hanno avuto il vaccino: in un terzo è stato iniettato un placebo (un vaccino contro il meningococco approvato da anni). Né le dosi erano uguali per tutti. AstraZeneca ha però fatto sapere che la volontaria malata non aveva avuto il placebo, anche se non è noto il dosaggio. Le somministrazioni riprenderanno solo quando sarà stata appurata la causa dell’evento avverso, e solo se questa causa può essere eliminata. Altrimenti la strada del vaccino si fermerà qui.
Quanto è probabile che il disturbo dipenda dal vaccino?
Lo sapremo dopo l’esame del caso. «Una sperimentazione su due registra un evento avverso nelle fasi tre» spiega Cossarizza. Fra i 50mila volontari ci sono anche anziani e soggetti fragili. Non è escluso che la volontaria malata fosse tra questi. «Spesso i problemi non dipendono dal vaccino. Un infarto ad esempio può avvenire dopo l’iniezione, ma non avere alcun rapporto di causa-effetto con essa». Nel caso della mielite, può essere facile chiarirlo. «Si preleva il liquor e lo si analizza per identificare una possibile causa infettiva o autoimmune» spiega Silani. Trovare un microrganismo scagionerebbe il vaccino in pochi giorni. In caso contrario, le indagini sono più complesse. «L’infiammazione potrebbe essere causata da un componente del vaccino, principio attivo o eccipiente, che per qualche motivo ha un antigene in comune con il midollo spinale».
Ci saranno ritardi nella tabella di marcia?
Quello di Oxford e AstraZeneca era il vaccino più avanzato al mondo fra quelli allo studio contro il Covid. L’azienda aveva deciso di affrontare il rischio di avviare la produzione ancora prima della fine dei test, attesa per fine settembre. Senza l’evento avverso e con un’approvazione rapida da parte delle autorità regolatorie, i primi vaccini sarebbero stati pronti a novembre. L’Unione Europea aveva acquistato 300milioni di dosi, estendibili a 400 milioni, entro la primavera del 2021, al prezzo di 2,5 euro l’una. AstraZeneca aveva messo a punto una capacità produttiva di 3 miliardi di dosi in tutto il mondo. Questa agenda subirà necessariamente ritardi, tanto maggiori quanto più lunghi i tempi per determinare la causa dell’evento avverso. Si andrà dalle poche settimane, se il volontario aveva ricevuto un placebo, ai 6-8 mesi.
Gli altri vaccini subiranno ripercussioni?
Probabilmente no, ma va considerato che il vaccino di Oxford e AstraZeneca usava il metodo dei vettori virali. Un adenovirus (causa dei raffreddori) viene inattivato e il suo Dna modificato con le sequenze necessarie alla sintesi della proteina spike (la corona del coronavirus). Una volta inoculato, l’adenovirus infetta le nostre cellule e le induce a produrre la spike, stimolando il sistema immunitario. L’esame dell’evento avverso di AstraZeneca ci dirà se sotto accusa va messo il metodo dei vettori virali in generale. L’ipotesi è improbabile. «Alcuni rarissimi casi di mielite post-vaccinale si sono verificati anche in passato, con vaccini preparati seguendo tecniche più tradizionali» spiega Silani. Fra le aziende che lavorano sui vettori virali ci sono l’italiana ReiThera, la cinese CanSino, l’americana Johnson&Johnson.