Nei territori da Lamezia Terme a Vibo Valentia, la cosca Anello di Filadelfia controllava tutto: dalle attività imprenditoriali alle estorsioni, dal traffico di droga e armi al riciclaggio passando per il controllo del voto per le regionali. Non è un caso il nome “Imponimento” che la Dda di Catanzaro ha dato all’operazione antimafia della Guardia di Finanza. Un’inchiesta, coordinata dal procuratore Nicola Gratteri e dall’aggiunto Vincenzo Capomolla assieme alla Procura della Confederazione elvetica di Berna.Il blitz interforze è scattato prima dell’alba e ha colpito quella che i pm definiscono la “criminalità organizzata internazionale”: 75 arresti in Calabria e in Svizzera dove il boss Rocco Anello faceva arrivare grosse somme di denaro e a trafficare in armi grazie ai referenti in territorio elvetico. Tra i fermati, boss e gregari, ma anche l’ex assessore regionale Francescantonio Stillitani accusato assieme al fratello Emanuele (anche lui fermato) di essere un imprenditore al servizio del clan Anello. Sono 158 gli indagati. La Dda ha sequestrato beni per 169 milioni di euro. Sigilli anche a tre villaggi turistici. Uno di questi era dell’ex assessore regionale Stillitani che con il fratello è accusato di concorso esterno con la ’ndrangheta ed estorsione.

Abbandonata la politica nel 2013, l’esponente delle giunte Chiaravalloti e Scopelliti (centrodestra) era “l’uomo politico di riferimento del sodalizio” al quale Stillitani garantiva denaro e assunzioni in cambio dell’“appoggio in occasione delle competizioni elettorali che lo vedevano candidato attraverso plurimi accordi politico-mafiosi”. Così alle Regionali del 2005. Nell’inchiesta anche i recenti contatti tra gli Anello e la politica. Secondo i pm “si ipotizzava che il candidato al Senato della Repubblica Giuseppe Mangialavori (non indagato), per le elezioni del 4 marzo 2018, attraverso l’architetto Francescantonio Tedesco, avesse ottenuto l’appoggio di Rocco Anello”.