La scuola non ci sta “Senza certezze sulla riapertura pronti a occupare”

Delusione per le linee guida su settembre, oggi proteste in sessanta città “Dai ritardi della politica un danno enorme per ragazzi, genitori e prof”
di Valeria Strambi
Mesi di silenzio squarciati da un unico grande coro di disappunto. Presidi, insegnanti, custodi, genitori, studenti: l’intero mondo della scuola è in rivolta. La bozza con le linee guida del ministero dell’Istruzione per il rientro sui banchi a settembre non piace a nessuno. Ingressi e uscite a turno, classi spezzate in gruppi con alunni dalle età diverse, lezioni di 40 minuti anziché 60, didattica mista (metà in presenza e metà a distanza) per gli studenti delle superiori e nessun docente in più. E poi, tutta la responsabilità nel recuperare spazi extra, garantire le distanze di sicurezza e comporre il puzzle delle presenze, demandata ai singoli dirigenti scolastici.
Stasera alle 18 le piazze di 60 città, da Trento a Palermo, passando per Milano, Genova, Bologna, Firenze, Roma e Napoli, si coloreranno con gli striscioni di migliaia di persone pronte a dire “no” alla scuola che le aspetta: «Doveva essere una manifestazione per la riapertura in sicurezza e invece sarà un fiume in piena contro le linee guida — annuncia Costanza Margiotta, portavoce del comitato di genitori “Priorità alla Scuola” — . Non si rendono conto del danno enorme che stanno facendo ai ragazzi e di quello che hanno già fatto a molti papà e mamme, improvvisatisi insegnanti e tecnici informatici e, alle volte, persino costretti a lasciare il lavoro». Come Matilde Pescali, professionista con tre figli: «Con il mio compagno ci siamo trovati a fare scelte obbligate e, almeno per l’estate, ho dovuto interrompere ogni impegno per seguire i bimbi. Viviamo a Bologna, i nonni abitano lontano e non possono essere la nostra ancora. Con queste premesse, tra turni e orari sballati, non so quando potrò riprendere a lavorare».
Sul piede di guerra anche gli studenti, pronti a mobilitarsi: «Vogliamo risposte e senza un piano concreto che guardi oltre gli annunci a settembre occuperemo le scuole — promette Federico Allegretti della Rete dei medi — . Il rischio è che molti istituti, già sofferenti dopo anni di tagli, si ritrovino ancor più in difficoltà. Le differenze diventeranno più pesanti e aumenterà il divario tra chi frequenta strutture all’avanguardia e chi è iscritto a scuole di periferia senza gli spazi e con la connessione che non funziona».
I più agguerriti sono i presidi, stanchi di fare salti mortali senza adeguati strumenti: «Abbiamo aspettato mesi per sentirci dire che ognuno dovrà arrangiarsi — afferma Alessandro Artini dell’Associazione nazionale presidi — . Se ce l’avessero comunicato per tempo, avremmo cominciato a organizzarci. Invece settembre è dietro l’angolo e la maggior parte degli istituti non può affrontare la situazione poiché mancano aule e docenti». Barbara Caterini, che guida l’istituto comprensivo Darsena di Viareggio, è preoccupata: «Devo gestire 1.200 alunni dai tre ai 13 anni. L’unica opzione percorribile con i pochi spazi disponibili è portare i ragazzi a lezione in spiaggia o allestire tavoli e panchine in cortile». Forti perplessità anche dai sindacati che, nel lungo incontro di ieri con la ministra Lucia Azzolina e i direttori degli uffici scolastici regionali, hanno chiesto risorse: «Non intendiamo assecondare strade che non prevedano stanziamenti aggiuntivi — sostiene Francesco Sinopoli, segretario generale della Flc Cgil — . Per far ripartire a pieno ritmo gli istituti tra personale, edilizia e dispositivi di sicurezza, occorrerebbero almeno 2,9 miliardi di euro in più, mentre per adesso non ce n’è traccia. Ci hanno detto di attendere nuove indicazioni dal Comitato tecnico scientifico e saremo riconvocati per discutere i protocolli di sicurezza. Servono presìdi sanitari in tutte le scuole e test sierologici per il personale».
Duro il prezzo da pagare anche per i 280mila alunni disabili, che rischiano di trovarsi in cattedra supplenti destinati ad andarsene dopo pochi giorni: «Avevamo chiesto che le assegnazioni provvisorie venissero anticipate, invece già il 20 settembre i docenti di sostegno che avevano preso servizio in una scuola potrebbero lasciarla — denuncia Ernesto Ciraci di MiSos (movimento degli insegnanti di sostegno) — . Gli specializzati ci sono, sarebbe fondamentale stabilizzarli subito e non aspettare ipotetici concorsi».
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