Giardini delle scuole a numero chiuso l’ora d’aria si prenota

I bambini
di Ernesto Ferrara Una ventina di giardini, per cominciare. Da Novoli a Gavinana, da Rifredi al centro. Non mega parchi o spazi gioco pubblici però: l’idea è usare le aree verdi delle scuole e dei nidi comunali. Ingressi regimentati, numero chiuso, su prenotazione telefonica. Ma quel che più conta, non saranno sfogatoi dove sguinzagliare i bambini per fargli fare di tutto e di più. Personale dei servizi scolastici ed educatori del Comune non solo si assicureranno che tutti – compresi i genitori – mantengano le distanze di sicurezza ma organizzeranno anche attività per i più piccoli. Mentre i giochini – scivoli, altalene o giostrine dove ci sono – verranno sanificati ogni giorno.
È già al lavoro per l’operazione “ora d’aria”, Palazzo Vecchio. Il sindaco Dario Nardella ha accolto l’idea della ministra della famiglia Elena Bonetti lanciando Firenze come luogo per una sperimentazione appena sarà possibile. Un’area verde per ogni quartiere ha inizialmente detto il sindaco. Ma ieri il ventaglio si è allargato: ci potrebbe essere più di un location per quartiere per portare i bambini fuori. Un gruppo tecnico-politico con a capo l’assessora all’istruzione Sara Funaro sta elaborando la proposta operativa e già oggi potrebbe avvenire un primo confronto col ministero per capire se c’è condivisione del metodo e della procedura. Poi si potrebbe partire con l’organizzazione concreta dell’esperimento, che ha subito avuto ieri l’ok del Pd e anche dei 5 Stelle di Palazzo Vecchio. E se tutto filasse liscio, le prenotazioni potrebbero scattare già a ridosso della fine del mese. Con le prime uscite da maggio, in coincidenza con la fine della fase 1.
Come funzionerà? In meno di 24 ore Palazzo Vecchio ha elaborato un modello. Scartata l’idea di aprire grandi parchi ma anche giardini pubblici, pure se recintati: troppo complicato da gestire sia sul fronte dei controlli che delle file, è stata la conclusione. L’idea di usare i giardini delle scuole invece convince. Funaro ha rispolverato un progetto educativo in voga da qualche anno, ” Pollicino Verde”, che prevede durante la primavera l’apertura dei giardini di alcune scuole alla cittadinanza. Ora quell’esperienza potrebbe costituire la base da cui partire. « Potremmo usare il nostro personale e i nostri educatori. Le prenotazioni potrebbero essere prese al telefono. Ci sarebbe un controllo all’accesso e uno all’interno per le distanze. Ai bambini, diciamo fino a 6 anni ma anche più, potremo offrire non solo la chance di farsi una giratina ma un percorso di ritorno alla socializzazione dopo questa quarantena » , immagina Funaro. I genitori potranno prendere la macchina per accompagnare i figli all’ora d’aria o sarà necessario andare a piedi? Tutto da decidere, spiega Funaro. Sarà il governo a dover dare l’ok. «Io sono rimasto molto deluso di come in questo Paese si è guardato alle esigenze dei bambini. Non possiamo tenerli in casa fino a settembre. Se questo esperimento funziona può estendersi » insiste Nardella.
“Aprite la porta di casa la reclusione può creare problemi ai più piccoli”
I pedagogisti sono d’accordo: concediamogli almeno una corsetta
di Maria Cristina Carratù Ora d’aria è un’espressione riduttiva, però rende l’idea: al momento, per allentare le maglie antiCovid intorno ai bambini senza correre il rischio di aumentare di nuovo i contagi, bisogna accontentarsi del minimo indispensabile. E mentre i dettagli della proposta di Palazzo Vecchio cominciano a trapelare, gli esperti sono già d’accordo: è giunta l’ora di aprire la porta, o almeno di socchiuderla. In caso contrario, la reclusione rischia di creare problemi con cui, prima o poi, si farebbero i conti (quasi) come col virus.
«L’emergenza sanitaria è diventata anche un’emergenza pedagogica », avverte Alessandro Mariani, docente di Pedagogia generale e sociale all’Università di Firenze e membro del cda dell’Istituto degli Innocenti (il cui staff tecnico è stato incaricato dal ministero per la famiglia di fornire suggerimenti per una fase2 a misura di bambino). « E tuttavia, anche situazioni difficili possono diventare occasioni formative » . Così come, spiega Mariani, « la coabitazione forzata in casa h24 ha spinto molti genitori a riscoprire, nella impossibilità di delegarla ad altre figure, la piena responsabilità del loro ruolo, lo stesso può avvenire anche nel modo di vivere gli spazi aperti » . Bene, dunque, che ci siano « luoghi attrezzati e protetti dove, con certe limitazioni e sotto attento controllo, i bambini possano muoversi e socializzare » . E tuttavia, « proprio come in casa, dove è tutt’altro che negativo che nelle giornate dei bambini ci siano momenti vuoti, di ” noia”, da imparare a riempire in modo creativo, anche fuori è bene che i piccoli non siano sempre intrattenuti, ma anche messi in grado di attivare risorse autonome » . Così, « uno spazio libero e aperto, senza confini troppo ristretti e attrezzature ludiche già predisposte, potrebbe essere l’occasione per inventare nuovi giochi, fare nuove scoperte, fosse anche solo di un fiore o di un grillo, e di stare in relazione in modo nuovo con gli adulti ».
Convinta che la risposta all’esigenza di “un’ora d’aria” «non possa essere univoca, ma dipenda dalle reali esigenze dei bambini e dei diversi contesti familiari» è anche Ivana De Bono, docente di Psicologia dello sviluppo alla scuola di specializzazione postuniversitaria di S.p.i.g.a (Società di psicanalisi interpersonale e gruppo analisi), di cui è presidente nazionale. Dopo tante settimane di clausura, spiega, è il momento che « sopratutto i bambini con disturbi dell’attenzione, iperattivi, sottratti in questo periodo a importanti percorsi terapeutici e con famiglie esasperate, possano avere spazi attrezzati dove sfogare energie represse, nonché, in una certa misura e sotto controllo, socializzare con altri coetanei». Tenendo presente che una delle attività preferite dei piccoli, « e che sarà quasi impossibile impedire, è quella di socializzare, di avvicinarsi agli altri, di toccarli » , e che bisognerà quindi stare attenti a disinfettare i giochi utilizzati, nonché i bambini stessi al rientro a casa. Il bisogno di sfogarsi, d’altronde, è un diritto di tutti, e « anche i bambini mediamente nella norma, con famiglie in grado di seguirli, hanno bisogno, a questo punto, di fare almeno una corsetta » . Dunque, dice De Bono, visto che il pericolo di contagio non è passato, i più fortunati « possono forse reggere ancora un po’ senza incontrare gli amici al parco, e accontentarsi di una passeggiata in un luogo aperto ma non frequentato».
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