UNO SCENARIO CHE RISCHIA DI INDEBOLIRE IL GOVERNO.

di Massimo Franco

Il passo avanti del Senato sui provvedimenti che dovrebbero contrastare la corruzione è arrivato in un momento opportuno. Dopo ritardi e rinvii che rischiavano di mettere sotto una luce opaca gli stessi partiti di governo, ieri sono spuntate in Commissione le prime modifiche, che lasciano indovinare una mediazione.
Con una punta di ironia, il presidente del Senato, Pietro Grasso, ha commentato: «Alleluja, alleluja. Il famoso emendamento sul falso in bilancio è arrivato e questa è una novità importante». Il testo doveva essere esaminato dall’Aula di Palazzo Madama già oggi. Ma è probabile che tutto slitti alla prossima settimana.
Il fatto che proprio nelle stesse ore sia filtrata la notizia di una mega-inchiesta della magistratura di Firenze sulle grandi opere, ha sottolineato l’urgenza del provvedimento. Per l’ennesima volta, i giudici sono arrivati prima del sistema politico: a conferma della difficoltà, o della non volontà di vedere i fenomeni di malaffare collegati agli appalti soprattutto a livello locale. Non è ancora chiaro, tuttavia, se e quanto le indagini avranno riflessi sul governo; e in particolare sul ministro Maurizio Lupi, chiamato in causa politicamente come responsabile delle Infrastrutture. Lupi ha detto di essere «con la magistratura», e offerto «massima disponibilità».
Il timore del governo, come anche del sindaco di Firenze, Dario Nardella, è che le inchieste possano bloccare i cantieri. «Le opere debbono andare avanti», si sente dire all’unisono. Il problema è che tra i sospettati compaiono amministratori, faccendieri ed ex politici, alcuni dei quali sono presenze fisse anche in alcuni scandali del passato; e questo è l’aspetto più sconcertante. In più, ci sono settori del Pd tentati di utilizzare la vicenda per ricalibrare i rapporti con il Nuovo centrodestra di Angelino Alfano, di cui Lupi è un esponente. Matteo Renzi per adesso non si pronuncia: vuole che sia il ministro a difendersi di fronte alla richiesta di chiarire i contorni politici dell’inchiesta in Parlamento.
Il coordinatore di Ncd, Gaetano Quagliariello, vede già il rischio di una crepa. «La trasparenza è cosa ben diversa dal fango mediatico nel ventilatore azionato contro persone estranee a qualsiasi accusa e semplicemente citate in atti giudiziari che riguardano altri», avverte alludendo a Lupi.
La vicinanza con le elezioni regionali di fine maggio garantisce l’inevitabilità di un uso politico di quanto sta avvenendo: tanto più perché le responsabilità sono ancora tutte da approfondire. Ma il Sel già chiede le dimissioni di Lupi. E il Movimento 5 Stelle, di Lupi e del premier Renzi.
La vicenda ha un rimbalzo internazionale che segna di nuovo l’immagine dell’Italia.
E implica un doppio rischio. Può incrinare l’alleanza tra Pd e Ncd, indebolendola proprio mentre Renzi cerca di stabilizzare anche economicamente la situazione; e delegittimare l’intera classe politica, favorendo la supplenza che alcuni magistrati finiscono per evocare: come il capo dell’Anticorruzione, Raffaele Cantone, che ieri è stato ricevuto dal capo dello Stato, Sergio Mattarella, ed ha chiesto di cambiare alcune norme della legge Severino. Richiesta respinta, per ora, dal premier.