Le dimissioni tutte politiche di Forzoni

di Pierluigi Piccini

Sulla vicenda Forzoni bisognava dare qualcosa in pasto all’opinione pubblica, ma si è scelta la strada peggiore: l’autosospensione dagli incarichi di partito e le dimissioni da capogruppo da parte del consigliere comunale. Dunque, Fratelli d’Italia e il silenzio della maggioranza hanno convenuto che il lancio di una bottiglietta durante l’ultimo Palio dai palchi del Comune fosse un mero atto politico, non il folle gesto di un rappresentante delle istituzioni seduto in un palco del Comune. In quel momento, il comportamento doveva essere di massima dignità e di esempio. Evidentemente Forzoni e il suo partito considerano il Palio non un argomento che attiene a tutti i cittadini senesi, ma che spetta esclusivamente ad una parte politica. Il Palio per questi signori è stato spostato dal piano istituzionale a quello politico offendendo ulteriormente, ammesso che ciò fosse possibile, i contradaioli e la stessa città.
Del resto il senso delle istituzioni senesi è molto scarso per la maggioranza, a partire proprio dal suo responsabile massimo. De Mossi ci ricorda costantemente che lui non è un politico, e così facendo però finisce, di fatto, per essere il professionista dedito alla “difesa” degli interessi di parte. Lo dimostra l’episodio del 25 aprile, con il battibecco che l’avvocato ha tenuto nei confronti di qualche contestazione che gli proveniva dalla Piazza. Il sindaco dimentica del suo ruolo istituzionale “super partes” anche quando partecipa a una cena con i barbareschi. Se questi signori ritengono di non dover rappresentare il popolo senese nella sua interezza pur essendo stati eletti e pur ricoprendo una carica istituzionale, allora possono accadere situazioni come quella dell’ultimo Palio. Tuttavia deve essere chiaro che, se Forzoni si limita a dimissioni “politiche” nel silenzio della maggioranza, del primo cittadino, del presidente del Consiglio Comunale allora si umiliano le istituzioni e il rapporto di queste con i cittadini. Tale atteggiamento porta la gestione del bene comune a un rito vuoto di significato, una liturgia da usare come vacua scenografia, e sulla quale non perdere tempo come spesso ci capita di percepire dai banchi del Consiglio Comunale.