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Per la terza volta l’ex senatore Denis Verdini è stato dichiarato colpevole di bancarotta. Ieri il tribunale lo ha condannato a 4 anni e 4 mesi per il fallimento dell’impresa edile Cdm di Marco Arnone, figlio del costruttore Ignazio Arnone, titolare della Arnone Srl fallita nel 2011. Anche padre e figlio, difesi dagli avvocati Sandro Bruni ed Elisabetta Casini, sono stati condannati: Ignazio a 3 anni e 4 mesi e Marco a 2 anni e 4 mesi. Il pm Luca Turco aveva chiesto molto meno ( 1 anno e 3 mesi) per i due imprenditori e 6 anni per Verdini, da lui ritenuto l’ideatore “a tavolino” dell’operazione che causò il dissesto della Cdm. «Verdini non ha esitato a rovinare Marco Arnone e la Cdm » , ha sostenuto. I fatti risalgono al 2009- 2010, quando Verdini era presidente del Credito Cooperativo Fiorentino (Ccf), commissariato nel luglio 2010. Secondo le accuse, all’epoca la Arnone era in crisi, quasi inattiva e debitrice del Ccf per 4 milioni di euro. In quel frangente la banca incaricò la Cdm di eseguire lavori nella filiale di viale Belfiore. Parte dei pagamenti furono devoluti dalla Cdm alla Arnone, a fronte di fatture per inesistenti lavori in subappalto, e da questa usati per pagare le rate del debito con la banca. In tal modo la Cdm subì, secondo le accuse, un impoverimento di 810 mila euro e finì in ginocchio.
A inizio udienza l’ex senatore, difeso dal professor Franco Coppi e dall’avvocatessa Ester Molinaro, aveva dichiarato che la Arnone era sì in difficoltà ma non a rischio dissesto, tanto è vero che la sua posizione era classificata a ” incaglio” e non a ” sofferenza”, e tale era rimasta anche sotto la gestione dei commissari. E se parte del denaro versato dalla banca a Marco Arnone era stato poi usato per saldare i debiti del padre, questo — ha sostenuto — rientra nei rapporti fra padre e figlio.
A questo punto l’elenco delle condanne dell’ex big di Forza Italia e poi di Ala diventa preoccupante. Il 3 luglio è stato condannato in appello a 6 anni e 10 mesi per il crac della banca. Il 13 settembre in tribunale ha incassato una condanna a 5 anni e mezzo per il fallimento della Ste, la società che pubblicava il Giornale della Toscana. Ieri la terza sentenza sfavorevole.