La musica si vede? Cosa succede quando un pittore, uno scultore, vogliono superare i limiti dello spazio, della simultaneità e estendere la propria opera nel tempo, facendola vibrare magicamente nel nostro spirito, così come solo la musica sa fare? Per scoprirlo occorre visitare la mostra Kandinsky Cage. Musica e Spirituale nell’arte. La freccia nel titolo indica la direzione per compiere un viaggio polisensoriale attraverso un capitolo importante della storia dell’arte. Arte-musica-spirito si allineano in un percorso che, oltre ai maggiori nuclei dedicati ai due artisti nel titolo, presenta le opere e le vite di protagonisti dell’arte e della musica che con loro si sono venute a intrecciare. L’occasione è offerta dalla celebrazione del ventesimo anniversario della Fondazione Palazzo Magnani, a Reggio Emilia, in quella che fu la dimora di città del collezionista, filantropo e musicologo Luigi Magnani, autore fra l’altro di libri bellissimi e fondamentali come Proust e la Musica o Goethe, Beetho ven e il demonico. Questa mostra-viaggio permette di contemplare con l’occhio alcuni capolavori e al contempo di attivare l’orecchio nell’ascolto delle musiche ad essi abbinate, ovvero si è invitati a connettere in maniera intuitiva suoni e visioni sostando sotto “campane sonore” che avvolgono come in un cilindro acustico il visitatore; in alcuni casi, la sinestesia si può sperimentare anche in maniera tattile (alcune opere sono state realizzate in copia per essere toccate, in collaborazione con l’UICI), oppure addentrandosi in vere e proprie stanze che offrono installazioni immersive. Tanti inoltre gli eventi collaterali a far da corredo alla mostra con concerti, laboratori e conferenze diffusi su tutto il territorio. Se ci si pensa bene, non vi è grande artista visuale del XX secolo che non abbia in qualche modo dialogato con la musica, l’arte senza oggetto e spirituale per eccellenza. Il processo di distruzione delle tonalità, d’altra parte, si è sviluppato in parallelo con la nascita dell’arte astratta che ha riguardato simultaneamente più centri in Europa, nonchè Mosca e poi gli USA. Il contesto da cui questa mostra prende le mosse è quello dell’astrazione spirituale portata avanti da Wassily Kandinsky che nel 1912 pubblicava il famoso libro Lo spirituale nell’arte. Tra ‘800 e ‘900, in particolare nei paesi di lingua tedesca, il culto di Goethe, il wagnerismo, le scoperte scientifiche (dalla disgregazione dell’atomo alla teoria della relatività ristretta), la teosofia, la filosofia di Schopenhauer e di Nietzsche fanno da sfondo a un clima culturale unico e irripetibile. Il ricorso alla tradizione mistica, occidentale come orientale, pare accomunare molti ambiti del sapere. Si assiste infatti a una vera e propria spiritualizzazione dell’arte che pone in primo piano la dimensione dell’interiorità dell’individuo e elegge nelle arti, nella loro unione, la sede privilegiata di idee universali. La mostra introduce a Kandinsky attraverso il suo rapporto con Wagner, con i lubok, con Klinger e con Čiurlionis – lo straordinario e misterioso musicista e artista lituano che è molto raro poter vedere dal vivo – fino alla presenza imprescindibile dell’amico Schönberg, divenuto in seguito maestro di Cage. I rapporti tra le arti, la musica e la spiritualità vengono letti in Kandinsky – di cui sono presenti una cinquantina di opere – attraverso la teoria dell’Empatia (Einfühlung), che allora come oggi invita lo spettatore ad attivarsi a livello psico-fisico di fronte all’opera e a divenire ri-creativo. Anche dopo il trauma della guerra, seppur in termini diversi, queste istanze restano feconde: la straordinaria serie degli acquerelli per Quadri di un’esposizione, per esempio, racconta come dalla musica di Musorgskij, ispirata a propria volta dalla visita di una mostra d’arte, Kandinsky avesse potuto realizzare nel 1928 uno spettacolo teatrale astratto. Due grandi compagni del Blaue Reiter particolarmente legati alla musica sono qui celebrati: si tratta di Paul Klee e di Marianne Werefkin, la gran dama di questo viaggio, di cui siamo orgogliosi di ospitare opere bellissime. Si passa poi al Dopoguerra: oltre alla scultura in musica di Melotti e alla pittura jazz di De Stael (entrambi cari a Magnani), si riscopre dopo 33 anni lo spettacolo con musiche di Berio Moduli in viola. Omaggio a Kandinsky di Giulio Turcato (e anche qui emergerà un legame con Cage). Un’altra inedita scoperta è rappresentata da Oskar Fischinger, pittore e cineasta, autore negli anni ’30 di opere “pre-pop” che intrecciano Kandinsky con Walt Disney, nonché con alcuni dei capitoli più belli di quel capolavoro del cinema d’animazione che fu Fantasia, del 1940 (nell’episodio della Toccata con fuga di Bach si possono rintracciare tante suggestioni care a questa mostra). A Fischinger, divenuto in seguito maestro di Cage, si attribuisce l’affermazione secondo cui «nei suoni si cela l’anima degli oggetti inanimati». L’ampia sezione finale dedicata a John Cage vuole illustrare la parabola creativa del geniale musicista, artista, poeta e pensatore. Consonanze e dissonanze collegano le sue opere allo spirituale nell’arte così come formulato da Kandinsky e dagli altri protagonisti. Si potrà sperimentare il ritorno all’armonia dell’artista immergendosi in una ricostruzione in miniatura del Teatro Valli che ospita lo spettacolo con danza Ocean. Se ne potrà rivivere la poetica del silenzio, legata ai quei famosi 4’33” che ancora oggi destano scalpore, immergendosi in una vera e propria stanza anecoica e priva di cromie (dove troneggia una tela bianca dell’amico Rauschenberg), nella quale non potremo che fermarci in un tempo zero e ascoltare il nostro respiro, il nostro sangue che circola, i battiti del nostro cuore. La si può ben illustrare con questi passi de Lo spirituale nell’arte di Kandinsky: Il bianco ha il suono di un silenzio che improvvisamente riusciamo a comprendere. È la giovinezza del nulla, o meglio un nulla prima dell’origine, prima della nascita. Forse la terra risuonava così, nel tempo bianco dell’era glaciale.
Il Sole 24 Ore – martina mazzotta – 05/11/2017 pg. 19 DOMENICA.