Davanti all ‘ avanzata dell ‘ estrema destra in Germania la prima reazione è: meno male che qui gli ” estremisti ” sono i 5Stelle e non i nipotini del duce. A PAGINA 11 Davanti all ‘ a v a n za t a dell ‘ estrema destra in Germania la prima reazione è: meno male che in Italia gli ” estre misti ” sono i 5Stelle e non i nipotini del duce. La seconda reazione: perché mai malgrado il loro essere a pieno titolo nell ‘ alveo della Costituzione e parte delle istituzioni repubblicane i 5Stelle fanno di tutto per apparire intolleranti a ogni critica spesso rendendosi odiosi a chi non li vota? Diciamo subito che: 1) Pur comprendendo lo sconcerto della gran massa dei tedeschi per l ‘ ingresso nel Bundestag di un certo numero di nostalgici hitleriani (per la prima volta dalla fine della guerra), di un nuovo Adolf Hitler non v ‘ è ancora traccia; anche perché l ‘ 87% degli elettori tedeschi resta saldamente con i partiti di sicura fede democratica. Senza contare che l ‘ Afd ha subito brindato al successo spaccandosi tra i cosiddetti moderati e gli emuli delle camicie brune. 2) Gli estremisti quando sono così numerosi è preferibile stiano in Parlamento a scornarsi con i problemi reali che fuori, allo stato brado. Come disse prosaicamente Lyndon Johnson: ” I nemici meglio averli dentro la tenda e farli pisciare fuori che tenerli fuori della tenda e farli pisciare dentro ” . 3 ) Comunque sia, dopo un risultato certo deludente e con la coalizione Cdu-liberali-Verdi tutta da costruire, Angela Merkel sarà cancelliere per la quarta volta. Insomma, dopo la sonora affermazione di Macron in Francia e il successo dei partiti tradizionali in Spagna, Belgio, Olanda, tutto sommato all ‘ Europa che conta non sta andando malissimo malgrado lo choc dell ‘ i m m i g r azione di massa e la rabbia che cova nei ceti popolari per le diseguaglianze crescenti. Quella rabbia che in Italia si è riversata in due serbatoi: la Lega di Matteo Salvini e il M5S. Con la non piccola differenza che mentre i nuovi leghisti si dichiarano, e sono, visceralmente nazionalisti (loro dicono sovranisti) con punte xenofobe, come le peggiori destre europee (disposti infatti a fare comunella con i ” fa scisti del Terzo millennio ” di Casa Pound e Forza Nuova), i 5Stelle non sono né nazionalisti né xenofobi e detestano i fascismi di tutte le risme. Se essere populisti significa cercare un rapporto diretto con i cittadini chiamiamoli pure populisti, ma non confondiamo i cavoli con le mele. Vero è che sentendosi vicini a Palazzo Chigi, sondaggi alla mano, i figlioli di Beppe Grillo ( ” rimarrò il loro papà ” ) cercano con una certa disinvoltura consensi a destra o a sinistra o dove capita. Con questo senza essersi mai snaturati. Orbene, non si comprende perché mai un sistema dei partiti che si dice attento alla tutela dei valori democratici continui a demonizzare un movimento che con tutti i suoi limiti riesce a drenare all ‘ interno delle istituzioni repubblicane sette, otto milioni di voti e forse di più. Altrimenti destinati a finire nell ‘ ast ensio ne, sonno della democrazia, o direttamente tra le braccia dei camerati neri o verdi che siano. Lo ha ben compreso il presidente Mattarella quando nel discorso d ‘ insediamento si è rivolto ai ” giovani parlamentari che portano in queste aule le speranze e le attese dei propri coetanei rappresentando con la capacità di critica, e persino d ‘ in dignazione la voglia di cambiare” . Lo capì Pier Luigi Bersani protagonista di uno sfortunato tentativo di attirare nella maggioranza quella voglia di cambiamento. Preferiscono non capirlo Matteo Renzi e i suoi sodali che continuano a sparare a palle incatenate contro il M5S. Che un giorno potrà anche affondare ma i cui voti, il segretario se ne faccia una ragione, molto ma molto difficilmente finiranno (o ritorneranno) nel suo Pd. Purtroppo per il M5S e per la democrazia italiana dalla Festa di Rimini assieme alle potenzialità dei grillini, emerge drammaticamente l ‘ incapacità a farsi comprendere da quell ‘ altra parte del Paese che ha preso a giudicarli male. Forse anche per la carenza di democrazia interna che ha finito per produrre quel ridicolo teatrino delle primarie che ha incoronato candidato premier Luigi Di Maio, con il minimo sindacale dei voti. Forse anche per la non brillantissima prova che sta dando a Roma la sindacatura di Virginia Raggi. Sicuramente per quella violenza dei gesti e del linguaggio che magari potrà mandare in un brodo di giuggiole lo zoccolo duro del Movimento ma che aliena molte simpatie all ‘ ester no, soprattutto tra le tante persone che pure condividono certe battaglia sulla legalità. Davvero si pensa di guadagnare consensi aggredendo i giornalisti della Rai (le scuse successive vanno bene ma qui si parla di un clima) o gettando in faccia agli inviati di La7 fasci di banconote false insultando dei bravi e seri professionisti? Per Grillo sarà anche una nuova forma di comicità, ma non contribuisce certo a rafforzare l ‘ immagine di un movimento maturo di cui l ‘ Italia sente un grande bisogno. Speriamo che adesso Di Maio con il suo stile, sempre incravattato e mai sbracato, sappia come provvedere.
Il Fatto Quotidiano – ANTONIO PADELLARO – 26/09/2017 pg. 1