QUELLO SFRATTO CHE SA DI RIPICCA

di Roberto Barzanti

 

La decisione di sfrattare l’Istituto

di studi superiori musicali Rinaldo Franci dai locali di proprietà del Comune di Siena, concessi in comodato gratuito, votata dalla maggioranza nel Consiglio comunale del 30 giugno, continua a suscitare proteste a non finire. Perché il sindaco di Siena Luigi De Mossi ha trascinato la sua malcerta coalizione a deliberare un atto così drastico proprio quando sta per compiersi, entro l’autunno, il lungo e travagliato processo di statizzazione? La disponibilità di quei locali è una delle condizioni fondamentali da garantire, come stabilito nel 2019, per il conseguimento di un obiettivo in calendario da tempo. Finora tutto sembrava filare liscio. L’ipotesi che circola con insistenza è che si sia trattato di una plateale ripicca avversa alla nomina a presidente di Anna Carli, che già era stata appassionata conduttrice dell’ex Conservatorio, mentre il Comune avrebbe gradito la conferma di Miranda Brugi, titolare solo di un primo mandato. Entrambe appartengono all’area di centrosinistra, e quindi non dovrebbero entrarci questioni politiche di ripartizione lottizzatrice. La Brugi è stata addirittura sindaco Pd dal 2013 al 2018 di Semproniano, meno di un migliaio di anime sulle colline tra Albegna e Fiora. Non si conoscono espliciti addebiti o argomentate critiche che motivino l’orientamento assunto. La terna proposta dal consiglio accademico al Ministero dell’Università e della Ricerca dalla quale estrarre il nominativo papabile non aveva incluso la presidente attuale e quindi le possibilità di una sua nomina erano ridotte a zero. Siamo in presenza di un gesto teso a rivendicare al Comune l’ascolto desiderato? Ma l’Istituto ha una sua autonomia e quindi per stilare la terna si è mosso consultando gli organi interni. La querelle è irta di interrogativi che non trovano risposta se non invocando incontrollate impennate psicologiche o strategie di taglio avvocatesco. L’Istituto è autonomo in base alla legge che nel 1999 riformò tutto il settore dei Conservatori e delle Accademie di Belle Arti. Da allora gli fu attribuito il livello di formazione accademica ed il rilascio di diplomi equivalenti alla laurea, dopo un percorso di studi 3 + 2 pari a quello universitario. La legge del 2017 prevedeva il passaggio allo Stato nel giro di un triennio. Fino al 2017 il Comune lo ha finanziato con ben oltre un milione l’anno e ha messo a disposizione i locali. Quindi dal 2018 al 2020 ha erogato una cifra decrescente fino alla somma di 285.000 (2020), destinata ad abbassarsi di molto. La prospettiva della statizzazione comporta il passaggio del personale, docente e no, e la copertura dei costi relativi allo Stato, mentre per gli oneri generali è previsto un importo che per la situazione senese si aggirerebbe sugli 80.000 euro: il che spingerebbe il Comune a reperire altri soggetti in grado di accollarsi contributi complementari. Anche la Regione ha fatto salire a 140.000 euro la sua quota. Alcuni giovani usciti dal Franci stanno vincendo concorsi internazionali, suonano in orchestre di prestigiosi enti musicali. Con l’Accademia nazionale del Jazz, nata da Siena Jazz, e l’Accademia Chigiana, il Franci, con Fondazione Mps e Comune, ha firmato un protocollo nel quale si precisano i termini di convergenti attività per l’alta formazione e — quanto alla creatura fondata dal Conte Chigi nel 1932 — per l’alto perfezionamento, nonché per seminari, esecuzioni pubbliche, festival internazionali. Sta, insomma, prendendo quota una sorta di Polo musicale a tre punte, che ha nella Chigiana il suo fulcro. Siena ci tiene a fregiarsi del titolo di «città della musica». Se il Franci fosse costretto a retrocedere rinunciando a essere una vera e propria Università sarebbe un’intollerabile e voluta sconfitta. La via d’uscita dall’impasse, se proprio le stanze che occupa si ha intenzione di destinarle ad altri, è che si individui un diverso degno luogo per confermare gli ambiziosi programmi e tener fede agli impegni, in una logica di governance che consenta a ogni parte di svolgere il ruolo specifico che le è riconosciuto.

 

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