«Turismo, piano anti sovraffollamento».

«Turismo, piano anti sovraffollamento»

 

«Le grandi città italiane, penso a Roma, Venezia o Firenze, sono davvero arrivate al loro limite massimo. In questo momento sarebbe necessario che il sistema del nostro Paese valutasse come investire meglio le proprie risorse dedicate alla promozione».

Gabriele Burgio è il manager che tra gli anni Novanta e i Duemila ha trasformato la catena alberghiera spagnola Nh Hotels in un gruppo internazionale. Dal 2012 è presidente, amministratore delegato e azionista di Alpitour, società riportata a regime dopo tre anni di risanamento, primo tour operator italiano con un margine di 36 milioni di euro e 1,1 miliardi di fatturato. Burgio era a Genova qualche giorno fa nel contesto di un incontro sul turismo in occasione dell’apertura degli uffici della Deloitte in piazza De Ferrari – il colosso americano della consulenza sotto la Lanterna impiega circa 120 persone e sta mettendo a punto la seconda fase del programma di espansione Why Liguria, sotto la regia del partner Eugenio Puddu. La Liguria sta crescendo nel settore del turismo, ma il fenomeno del sovraffollamento è sempre più difficile da gestire.

«Il fenomeno purtroppo non è solo ligure. Più vedo le notizie sui giornali, più si rafforza la mia convinzione: ci sono alcune mete in Italia che ormai sono arrivate a saturazione, e su cui è necessario ripensare gli investimenti. Perché paradossalmente il nostro Paese, che ha un potenziale indiscutibile, nei fatti vede i flussi turistici concentrati in pochi punti, sempre più affollati e meno godibili. Un problema, specie per chi vede l’Italia per la prima volta e magari è venuto da molto lontano…»

Come si può affrontare il problema?

La Liguria ha lo stesso problema delle destinazioni di montagna: ha picchi stagionali molto elevati, e quindi è forzata a strutturare tutta la propria capacità ricettiva per i pochi mesi estivi. Come conseguenza l’infrastruttura, i parcheggi e quant’altro sono tarati su questo tipo di flusso. L’ideale invece sarebbe una stagionalità diversa, più estesa, per accogliere volumi magari più costanti nel corso dell’anno. Anche se questo dipende in primo luogo dall’organizzazione dei periodi di ferie. Dovrebbero essere le aziende a incentivare i loro dipendenti a diversificare i periodi di vacanza, che altrimenti rischiano di essere ferie imperfette, non godute a pieno anche per i disagi prodotti dall’affollamento. Un caso simile alla montagna d’inverno. In Italia tutte le Regioni hanno in calendario la settimana bianca delle scuole intorno al martedì grasso, con quello che ne consegue in termini di affollamento delle località e degli impianti sciistici. La Francia invece le scagliona in settimane differenti dell’inverno, a seconda dell’area geografica, e questo in effetti contribuisce a un flusso più costante e a una stagione più estesa».

Quindi basterebbe una modifica dei calendari?

«Non basterebbe: c’è un problema di tempo, ma anche di luoghi. Molti appunto sono a arrivati a saturazione».

Ma il turismo internazionale chiederà sempre le mete classiche italiane.

«È vero, ma perché non investire più e meglio sulle mete alternative? Io non riesco ad abituarmi all’idea che oggi in Italia solo il 10-12% delle presenze internazionali si spinga sotto Roma. Eppure abbiamo il patrimonio di coste, natura, clima della Sicilia o della Calabria. A fianco a Venezia, perché non proporre un itinerario per le città medievali del Nord Est? Oppure, a fianco di Pompei, investire su Ercolano? 0 ancora sull’Abruzzo, una regione che tra l’altro avrebbe necessità di un rilancio turistico? Il ribilanciamento servirebbe ad attirare chi magari in Italia torna una seconda volta».

Dallo scorso anno Neos, la vostra compagnia aerea, collega la Cina direttamente all’Italia. Neil Palomba, direttore generale di Costa Crociere – compagnia con una profonda conoscenza del mercato asiatico – sostiene che il concetto di “Italy” è molto diverso da quello di “Italia”: una è la percezione, l’altra è la realtà. Come si fa a passare da Italy a Italia?

«Servirebbe una pianificazione quinquennale, o anche decennale. Comunque gestita a livello centralizzato: si dovrebbe definire anno per anno un’area geografica su cui investire, concentrare il più delle risorse per la promozione, lanciarla bene sul mercato. Con il tempo le mete alternative diventerebbero più classiche, bilanciando meglio i flussi turistici del nostro Paese e soprattutto migliorando la qualità del viaggio per chi viene a visitarci».

quarati@iIsecoloxix.it

 

domenica, 23 luglio 2017 SECOLO XIX