Nove pagine di manifesto, affidato al “Foglio” e fatto girare in rete. Proposte e strategia nel nome della “rigenerazione”. Con una consapevolezza preliminare a proposito della discussione che agita militanti, elettori e leader dem, ovvero se aiutare o no i 5Stelle a far nascere un governo. “È del tutto evidente che il nostro posto è all’opposizione”, però un dialogo va cercato con i grillini perché “l’elettorato che si è spostato sui vincitori è in gran parte un nostro elettorato e dobbiamo provare a riconquistarlo progressivamente”. È la posizione di Zingaretti.
Nel Pd in transizione Zingaretti getta un sasso nello stagno. Perché – sostiene Goffredo Bettini, eurodeputato, che fu coordinatore della segreteria di Walter Veltroni – “finora abbiamo assistito più al posizionamento tra gruppi di fedeli o fedelissimi che a uno straccio di discussione davvero approfondita e all’altezza di quanto accaduto”. Del resto, la battaglia per la leadership già è cominciata. Dopo le dimissioni di Renzi, Maurizio Martina è il vice segretario reggente che porterà il Pd all’Assemblea dei mille delegati in aprile, dove sarà eletto un segretario, anche questo a termine, probabilmente fino a maggio 2019, quando ci saranno le elezioni europee. Copione non nuovo, visto nel 2009 con Dario Franceschini. Per arrivare infine alle primarie.
Proprio alle primarie si candida Zingaretti. “Forse una corsa un po’ prematura, però manifesto interessante, su cui confrontarsi”, commenta Luigi Zanda, l’ex capogruppo al Senato, vicino a Franceschini. L’obiettivo di Zingaretti è del resto quello di rimescolare le carte di correnti e correntine ma sopratutto scuotere la base. E di non bruciarsi nella gara di aprile. Tra un mese sarà di certo Martina a giocarsi le carte e forse Graziano Delrio, sempre più scettico però su una sua discesa in campo. Francesco Boccia, come Michele Emiliano, fanno una apertura di credito a Martina e insistono sul governo: “Il Pd dia un appoggio esterno al governo 5Stelle e dandogli la fiducia per partire”.
“Il manifesto di Zingaretti non è ancora il testo per la chiamata alle armi, però è bene che qualcosa si muova”, sostiene Sergio Chiamparino. E Andrea Martella immagina dopo il manifesto una convention politica. Tra i 5 punti di Zingaretti, creare un fronte dei progressisti, un bagno di realtà da parte dei Dem, “aiutare la crescita di una generazione più colta, consapevole e libera”, meno arroganza e più Europa. Intanto nel Pd la tensione sale sui ruoli-chiave in Parlamento. Renzi pensa ai fedelissimi come capigruppo (Lorenzo Guerini e Andrea Marcucci) e anche in Vigilanza e al Copasir (Maria Elena Boschi e Luca Lotti). La minoranza dem ma anche i franceschiniani non ci stanno. Martina sta cercando di mediare in nome dell’unità del Pd.