Visco:“Sì alla bad bank salvare gli istituti ma senza bruciare i soldi dei cittadini” | Iusletter
27/10/2014
L’esito degli stress test sancisce in modo definitivo lo sradicamento del Monte da Siena. E ora anche chi non ne ha voluto sentire ragione ne dovrà prendere atto. A questo risultato si somma il mandato dato dal consiglio di amministrazione del Monte alle banche di affari per trovare delle soluzioni strategiche al grave impasse in cui si trova la banca senese. Banca che ha appena fatto, da quattro mesi, un aumento di capitale, che vale esattamente quanto quest’ultima, che dovrà reperire capitali per altri due miliardi. Nel mandato il management di Rocca Salimbeni ipotizza tre soluzioni: fusione con un altro istituto bancario, vendita di asset, aumento di capitale; con ciò dimostrandosi aperta a perseguire ipotesi per ora non prese in considerazione. La prima ipotesi, la fusione, è ben vista anche dalla Banca d’Italia. A fronte di questo scenario la sortita del presidente Clarich risulta francamente impropria: “perseguiremo l’obiettivo di mantenere il legame con il territorio senese”. Improvvida perché non sappiamo cosa potrà scaturire dal lavoro delle banche d’affari incaricate. Già una volta la politica ha obbligato la Fondazione a mantenere questo legame (2,5%) che molto gli sta costando in termini di perdita di valore. Ma vediamo cosa potrebbe succedere nelle varie ipotesi prospettate. In caso di fusione il capitale si diluirebbe così tanto che la Fondazione, ma lo stesso patto di sindacato, non conterebbe più nulla, o quasi. Con l’aumento di capitale avremo sostanzialmente la stessa cosa. Rimarrebbe la terza soluzione quella della vendita di asset da parte del Monte con l’obiettivo di costruire una banca di medie dimensioni per il centro Italia. Vendita degli sportelli al nord, concentrazione delle attività nel centro della penisola, costituzione di una bad bank per le attività gestite al sud. Ciò permetterebbe l’avvio della costruzione di una banca che potrebbe concentrare in una sola entità tutti gli scheletri contenuti nei forzieri delle banche italiane. Ipotesi, quest’ultima, che dovrebbe essere favorita dallo Stato in modo da liberare il sistema bancario dai lacci che da molti anni impediscono di finanziare le attività produttive. Per contro Siena invece di rimborsare lo Stato conferirebbe gli asset detenuti nel meridione. Come dire una forma soft di nazionalizzazione. Sicuramente questa è l’ipotesi più vantaggiosa per Siena, per il suo territorio, per il Paese e, sicuramente, per la sua stabilità finanziaria. Ma ci sono delle criticità da valutare: gli altri soci saranno disponibile a una tale ipotesi? Qual’è la missione che gli enti nominanti intendono dare alla Fondazione? Oggi ci muoviamo in un vuoto assoluto da parte della politica. Valentini guarda sempre al passato e non riesce mai, dico mai a trovare una soluzione o almeno a prospettarla aggrovigliato com’è nella difesa del suo posto. Per la politica non c’è tempo, quindici giorni, e le soluzioni che coinvolgerebbero il governo, quello presieduto da Renzi, devono essere rapidissime. Se il presidente del consiglio facesse propria l’ipotesi del Sud allora si che potremmo parlare di intervento strategico a favore dello sviluppo. Anche se per ora Renzi si tiene a debita distanza da questi argomenti.
È evidente che la banca, come entità, non corre e non correrà nessun rischio a differenza della Fondazione. Certo però che i vertici del Monte qualche domanda se la dovrebbero porre: valore della banca simile, se non peggiore, dell’ultimo aumento di capitale?? La gestione non produce utile da trenta mesi e perde quote di mercato. Gli stress test dimostrano in maniera lampante la necessità di altri due miliardi. Quella forma di autoassoluzione dichiarata, da parte dei vertici della banca, nel comunicato, insieme alla volontà di rimanere fino al 2017 perché questo è il piano concordato con la Comunità Europea, è decisamente di cattivo gusto. In altri Paesi si assiste a stili di comportamento diversi. Evidentemente Profumo & C. hanno preso lezioni da un altro esperto nelle capacità di radicamento territoriale, il prof. Sacco.
In conclusione, non c’è tempo da perdere e vediamo se questa volta la città saprà imboccare la strada giusta, o almeno quella che tenta di salvare il salvabile.
Pierluigi Piccini