Grifoni: la cultura? Ormai è solo uno specchio per le allodole
«Che peccato!». La svolta di Gonnelli, i libri di cucina — e presto anche l’angolo ristorazione — al posto dei libri antichi spostati in piazza d’Azeglio, fa sbottare Paola Grifoni, ex soprintendente fiorentina ai beni architettonici e al paesaggio. «Per il centro è un peccato perdere un pezzo di storia come la Libreria Gonnelli, ma è un dispiacere anche solo perdere quella bellissima vetrina che caratterizzato una strada come via Ricasoli. Ma ormai è una china inesorabile».
Dottoressa Grifoni, con la cultura non si mangia, diceva un vecchio adagio. Adesso invece sembra che si mangi e basta.
«La cultura ormai è uno specchietto per le allodole. I libri servono solo per vendere da mangiare. È una strada senza ritorno, tutte le librerie oggi sono così. Io ad esempio rimpiango la libreria Edison di piazza della Repubblica. Nella nuova Feltrinelli Red ho messo piede solo una volta».
Che impressione le ha fatto?
«Appena aveva aperto, mi sembrò che non fosse più una libreria. La cosa che mi colpì fu la confusione, la mancanza di spazi per potersi sedere e leggere in pace. Mentre da Edison ci si poteva mettere in un angolo, sfogliare un romanzo, una guida, magari prendersi un tè, un caffè, che ci stavano anche bene per accompagnare la scelta di un libro».
E adesso invece?
«Ora invece c’è il tagliere di salumi che te lo schiaffano dappertutto. È anche una questione di grandezze, il cibo diventa soverchiante: non è che ci si limiti ai vecchi classici crostini, anzi a Firenze non sanno più neanche cosa siano. È una deriva in cui i libri vengono confinati in un angolo per fare spazio ad altro. E poi quali libri…»
Sono cambiati anche i libri sugli scaffali?
«Oggi se si va in libreria e si spera di trovare un testo particolare, è quasi una speranza folle. E, da utente, mi immedesimo nei poveri scrittori e nei poveri editori. I libri che vanno oggi sono romanzetti che non ti lasciano nulla. D’estate, al mare, mi capita pure di leggere libri poco impegnativi, di intrattenimento, ma sono letture che immediatamente ti dimentichi. Come i film passatempo che ti fanno fare due risate: vanno bene, ma ci dovrebbe essere anche altro. Ormai però le librerie vendono quasi solo questi testi qua».
Lei oggi a Firenze frequenta qualche libreria?
«Io passo quasi tutti i giorni da Giunti in via Guicciardini, ci sono affezionata. Ancora mi piace guardare i libri, sfogliarli, comprarli. Però la cosa che salta all’occhio è come sono messi male: non si capisce come siano disposti, e a differenza di una volta mi trovo sempre costretta a chiedere aiuto ai commessi. Un po’ dipende dallo spazio dato ai best seller, un po’ dal fatto che le librerie sono cambiate seguendo criteri che, da utente, non capisco più. Ogni volta mi sembra di essere alla ricerca del libro perduto».
Palazzo Vecchio ha dichiarato guerra alle edicole che vendono souvenir e non giornali. Si dovrebbe fare lo stesso con le librerie-mangificio?
«È uno strappo senza ritorno, temo che non si tornerà più alla vecchia libreria dove si andava a spulciare tra le pagine per vedere se il libro consigliato da un amico poteva essere avvincente e se era il caso di comprarlo. Non c’è più lo spazio di “raccoglimento”, ma è normale, ormai in televisione fanno solo programmi di cucina. Mi ricordo quando Antonio Paolucci diceva che agli Uffizi prima o poi avrebbero venduto i salumi. Ecco, ci siamo quasi arrivati».