Intervista Carlo Calenda
No alle promesse che cancellano quello che abbiamo fatto di buono Alle elezioni spero di poter scegliere tra dem e Bonino, alleati tra loro
ROMA «La campagna elettorale sarà per molte forze politiche un enorme Truman Show di promesse insostenibili. Ma il Pd non può restare dentro questo brutto spettacolo fatto solo di annunci ad effetto. Deve uscirne immediatamente. Altrimenti non solo non guadagnerà nuovi voti, ma perderà anche l’elettorato di centrosinistra». Ministro Calenda, questo non sembra un ramoscello d’ulivo. E agli atti c’è anche la sua reazione dura dopo che Repubblica ha svelato che Renzi vuole abolire il canone Rai.
«Verso Renzi, che ho sentito anche oggi, ho sentimenti di gratitudine e di lealtà. Ma questa lealtà non può essere cieca fedeltà e approvazione di ogni proposta, peraltro quasi mai condivisa».
E dunque? «E dunque, c’è un tema di modo e serietà nel porre certe questioni di cui peraltro, come ministro, sono responsabile. Il governo Renzi è quello che ha messo il canone in bolletta, dicendo che era fondamentale per rilanciare il ruolo di servizio pubblico della Rai.
Poi il governo Gentiloni ha firmato la nuova convenzione e si accinge a firmare il nuovo contratto di servizio. Non è che adesso si può dire, in modo estemporaneo e senza una riflessione, che i soldi per la Rai li tira fuori la fiscalità generale». Questione di metodo o di merito? «Entrambe. Sono stato così secco su questa proposta perché Renzi mi ha chiesto la disponibilità – e io gliela ho data – a collaborare sul programma del Pd. Ma lo faccio a patto che si lavori a un progetto per il paese, non a battute estemporanee da Truman Show».
Lo sa che da qui al 4 marzo ce ne saranno altre puntate? «Spero proprio di no, perché altrimenti ci faremo molto male.
Non mi presento candidato alle elezioni anche per avere la libertà di dire quello che penso, come del resto ho fatto in beata solitudine quando quasi tutto il Pd voleva precipitarsi alle elezioni nell’aprile scorso. Se un giorno Renzi proclama in tv che si potranno scaricare tutte le spese e poi di quell’annuncio non si ha più traccia, se il giorno dopo promette meno Irpef per tutti e idem, se così è pure per il salario minimo…
Offrire temi che durano lo spazio di un mattino non è il ruolo che spetta ad un centrosinistra che ha governato bene per una legislatura. E non penso che sia nemmeno quello che gli elettori del centrosinistra chiedono.
Peraltro il gradimento verso Gentiloni dimostra proprio questo». Eppure la campagna elettorale si gioca così: le pensioni minime a mille euro di Berlusconi, il reddito di cittadinanza dei 5 Stelle…
«Una ragione in più per differenziare l’offerta politica.
Quella del centrosinistra oggi può e deve essere l’unica riformista, pragmatica e articolata. E poi è un controsenso fare promesse che cancellano quel che si è fatto di buono e di serio nel governo Renzi e di quello Gentiloni, prima di tutto sul fronte dell’economia. I populisti, di destra come di sinistra, hanno in comune la fuga dalla realtà. Il Pd deve avere un atteggiamento opposto, anche perché quella realtà l’ha governata con buoni risultati. Rinunciare a spiegarlo, anche se bisogna evitare i toni enfatici, è autolesionista». C’è un deficit di comunicazione di Renzi? «C’è stato l’opposto. La voglia di dire che tutto andava benissimo e che erano stati raggiunti risultati mirabolanti, quando per rimediare ai danni della crisi ci vuole e ci vorrà ancora molto lavoro».
Lei che promesse farebbe a un elettorato di centrosinistra? «Spiegherei che l’Italia ha davanti due grande sfide: innovazione e internazionalizzazione. Per affrontarle servono investimenti a 360 gradi. Investimenti non solo in tecnologia, ma anche nella formazione e nelle competenze: non è possibile che dai nostri istituti tecnici escano 8 mia ragazzi l’anno e da quelli tedeschi 800 mila». Temi di non enorme appeal nelle periferie disagiate.
«Penso proprio l’opposto. La signora che oggi è preoccupata per il futuro di suo figlio, secondo lei, preferisce spendere dieci euro il mese in meno di canone Rai o pensare che c’è un sistema di istruzione che può assicurare un futuro a quel ragazzo».
E’ stato in Sky, Ferrari, Confindustria. Crozza la iscriverebbe nel “Partito dei Carini”. E invece lei spiega al Pd che cosa è di sinistra. Ironia della storia? «Con il “Partito dei Carini” non ho nulla a che fare. Soprattutto perché ho cominciato a lavorare a diciott’anni e a crescere una figlia a sedici. E poi ho sempre votato per il centrosinistra. Da riformista è il posto dove voglio stare».
Alle elezioni sarà un convinto elettore del Pd? «Spero di poter scegliere tra il Pd e la lista di Emma Bonino che siano però alleati» Le ultime notizie dicono che non sarà probabile.
«Se non lo fossero sarebbe un gravissimo errore. Ma anche qui, mi sono permesso di dire a Renzi che avrebbe dovuto sedersi con la Bonino. Al di là delle previsioni sulle percentuali che avrà alle elezioni c’è una sinergia politica che va coltivata».
«Verso Renzi, che ho sentito anche oggi, ho sentimenti di gratitudine e di lealtà. Ma questa lealtà non può essere cieca fedeltà e approvazione di ogni proposta, peraltro quasi mai condivisa».
E dunque? «E dunque, c’è un tema di modo e serietà nel porre certe questioni di cui peraltro, come ministro, sono responsabile. Il governo Renzi è quello che ha messo il canone in bolletta, dicendo che era fondamentale per rilanciare il ruolo di servizio pubblico della Rai.
Poi il governo Gentiloni ha firmato la nuova convenzione e si accinge a firmare il nuovo contratto di servizio. Non è che adesso si può dire, in modo estemporaneo e senza una riflessione, che i soldi per la Rai li tira fuori la fiscalità generale». Questione di metodo o di merito? «Entrambe. Sono stato così secco su questa proposta perché Renzi mi ha chiesto la disponibilità – e io gliela ho data – a collaborare sul programma del Pd. Ma lo faccio a patto che si lavori a un progetto per il paese, non a battute estemporanee da Truman Show».
Lo sa che da qui al 4 marzo ce ne saranno altre puntate? «Spero proprio di no, perché altrimenti ci faremo molto male.
Non mi presento candidato alle elezioni anche per avere la libertà di dire quello che penso, come del resto ho fatto in beata solitudine quando quasi tutto il Pd voleva precipitarsi alle elezioni nell’aprile scorso. Se un giorno Renzi proclama in tv che si potranno scaricare tutte le spese e poi di quell’annuncio non si ha più traccia, se il giorno dopo promette meno Irpef per tutti e idem, se così è pure per il salario minimo…
Offrire temi che durano lo spazio di un mattino non è il ruolo che spetta ad un centrosinistra che ha governato bene per una legislatura. E non penso che sia nemmeno quello che gli elettori del centrosinistra chiedono.
Peraltro il gradimento verso Gentiloni dimostra proprio questo». Eppure la campagna elettorale si gioca così: le pensioni minime a mille euro di Berlusconi, il reddito di cittadinanza dei 5 Stelle…
«Una ragione in più per differenziare l’offerta politica.
Quella del centrosinistra oggi può e deve essere l’unica riformista, pragmatica e articolata. E poi è un controsenso fare promesse che cancellano quel che si è fatto di buono e di serio nel governo Renzi e di quello Gentiloni, prima di tutto sul fronte dell’economia. I populisti, di destra come di sinistra, hanno in comune la fuga dalla realtà. Il Pd deve avere un atteggiamento opposto, anche perché quella realtà l’ha governata con buoni risultati. Rinunciare a spiegarlo, anche se bisogna evitare i toni enfatici, è autolesionista». C’è un deficit di comunicazione di Renzi? «C’è stato l’opposto. La voglia di dire che tutto andava benissimo e che erano stati raggiunti risultati mirabolanti, quando per rimediare ai danni della crisi ci vuole e ci vorrà ancora molto lavoro».
Lei che promesse farebbe a un elettorato di centrosinistra? «Spiegherei che l’Italia ha davanti due grande sfide: innovazione e internazionalizzazione. Per affrontarle servono investimenti a 360 gradi. Investimenti non solo in tecnologia, ma anche nella formazione e nelle competenze: non è possibile che dai nostri istituti tecnici escano 8 mia ragazzi l’anno e da quelli tedeschi 800 mila». Temi di non enorme appeal nelle periferie disagiate.
«Penso proprio l’opposto. La signora che oggi è preoccupata per il futuro di suo figlio, secondo lei, preferisce spendere dieci euro il mese in meno di canone Rai o pensare che c’è un sistema di istruzione che può assicurare un futuro a quel ragazzo».
E’ stato in Sky, Ferrari, Confindustria. Crozza la iscriverebbe nel “Partito dei Carini”. E invece lei spiega al Pd che cosa è di sinistra. Ironia della storia? «Con il “Partito dei Carini” non ho nulla a che fare. Soprattutto perché ho cominciato a lavorare a diciott’anni e a crescere una figlia a sedici. E poi ho sempre votato per il centrosinistra. Da riformista è il posto dove voglio stare».
Alle elezioni sarà un convinto elettore del Pd? «Spero di poter scegliere tra il Pd e la lista di Emma Bonino che siano però alleati» Le ultime notizie dicono che non sarà probabile.
«Se non lo fossero sarebbe un gravissimo errore. Ma anche qui, mi sono permesso di dire a Renzi che avrebbe dovuto sedersi con la Bonino. Al di là delle previsioni sulle percentuali che avrà alle elezioni c’è una sinergia politica che va coltivata».
La Repubblica – FRANCESCO MANACORDA – 06/01/2018 pg. 3 ed. Nazionale.