di Pierluigi Piccini
Francamente è umiliante per il territorio il modo che ha Orcel di approcciarsi ad una eventuale acquisto da parte di UniCredit di alcuni asset del Monte dei Paschi. Sembra che il tutto debba essergli regalato con un esborso da parte dello Stato enorme, visto che per ora siamo già a dieci miliardi e gli importi sono destinati ad aumentare. Non solo Orcel non vuole il marchio, vuole scegliere le filiali da comprare e avere Widiba a costo zero, con un una fuoriuscita del personale che si aggira intorno ai 2500 dipendenti. Cifra, quest’ultima tutta da verificare, così come le altre tenute riservate dal tavolo del data room. Orcel, viceversa, non è interessato alla Direzione Generale, al Consorzio operativo, a Capital Services, Mps Leasing e Factoring, Monte Paschi Fiduciaria: “Si va formando, quindi, un nocciolo duro, e non piccolo, zeppo di attivi, marchi, entità legali”. Un “nocciolo duro” che insieme al marchio potrebbe coincidere con un rilancio del Mediocredito, fino a farlo diventare una vera Banca pubblica di Investimento, sul modello di altre esperienze europee. Ciò comporterebbe anche una diminuzione dei lavoratori in uscita. Sarebbe una Banca pubblica d’investimento utile per alcuni segmenti di mercato non toccati dalle banche con particolare riferimento alle Pmi (in Italia sono stimate in 550.000), vale a dire quel tessuto produttivo caratteristico del nostro Paese e in particolar modo dell’Italia centrale e della Toscana. Tutti sanno che Mediocredito è una società privata, ma di proprietà pubblica. E proprio in questo ambito che la politica può giocare un ruolo importante per la definizione di uno strumento finanziario utile al Paese e alla sua economia. Quindi non una svendita, ma una operazione di salvaguardia attiva che riposizionerebbe dinamicamente i diversi soggetti coinvolti a tutto vantaggio dell’economia italiana.