di Pierluigi Piccini
Una riflessione ad alta voce. La situazione al Santa Maria della Scala si è aggrovigliata ed è molto lontana dalle dichiarazioni e dalle volontà che ci hanno accompagnato in tutti questi mesi. Le motivazioni sono diverse, ma tutte denunciano una certa approssimazione nella gestione delle varie fasi di avvio, a partire dalla più delicata e importante: la presa in carico da parte della Fondazione Santa Maria della Scala dell’antico Ospedale di Siena. Approssimazione che ha creato un serio imbarazzo in città e alle diverse comunità che ruotano intorno alla vicenda a vario titolo e a livello: “locale (i), nazionale (i) ed internazionale (i), fino (al)le formazioni sociali e… (ai) singoli cittadini”. Approssimazione non sempre determinata dai singoli soggetti chiamati in causa, anche perché spesso non hanno le competenze per capire come dovrebbero girare correttamente gli atti amministrativi. A fronte di questo il responsabile per eccellenza della Fondazione, il presidente, potrebbe pensare ad un vero atto di discontinuità che possa permettere di riavviare correttamente le varie procedure e riportarle su dei binari più confacenti alle aspettative che i vari soggetti, sopra elencati, si attendono per una grande operazione locale e allo stesso tempo internazionale. Non si può negare che la stragrande maggioranza delle nomine, se non tutte, fin qui fatte abbiano avuto più una matrice politica che di merito. Metodi che aprono seri dubbi anche sul bando in gestazione per l’individuazione del direttore generale. Queste situazioni richiederebbero una puntuale riflessione e un’assunzione di responsabilità da parte dei partiti, dei movimenti e di singoli soggetti istituzionali. Se ciò non dovesse avvenire, come non avverrà, allora il rischio è il solito a cui siamo abituati: prendere tempo, scaricare le colpe su altri, fare ammuina perché passi la nottata, tanto poi tutto cade nel dimenticatoio.