La città tradita
di Pierluigi Piccini
Forse qualcuno dei lettori si sarà chiesto il perché di questi cinque articoli, ovviamente non esaustivi sugli anni che vanno dalla metà degli Ottanta a tutti i Novanta. La prima risposta è di natura personale: il bisogno di riordinare i ricordi letti oggi a distanza di anni con il distacco necessario. Anche perché averli vissuti non significa averli compresi fino in fondo: il soggetto e l’oggetto spesso si confondono, nell’agone della politica. La seconda è la necessità, più che mai oggi, di uscire dagli schematismi ideologici e dei relativi assiomi, come quello sui settantacinque anni di governo ininterrotti della Sinistra a Siena. Il governo della Sinistra non è stato tutto uguale, ha avuto tempi diversi, sensibilità, uomini e donne diversi. Sarebbe utile che si procedesse a un lavoro mirato sui gruppi dirigenti, sul rapporto di quest’ultimi con i ceti cittadini, sui contenuti di una egemonia culturale e di governo durata per anni, sulle alleanza sociali e politiche che hanno assicurato tale continuità. Insomma, occorre uscire dalle ricostruzioni da bar come si sentono spesso in Consiglio comunale, con le solite parole vuote: Sinistra, Destra, vecchio e nuovo. La “colpa di chi ha governato prima” è ridotta a categoria teologico morale divenuta ideologia dei presunti vincitori, ma che tali non sono.
C’è stato semmai un tradimento, ma non tocca aspetti biografici, come la mia defenestrazione. Quanto accaduto fa parte della politica, e chi la fa sa i rischi che corre. Nessun personalismo, dunque: come avete potuto leggere mi sono preoccupato di ricostruire i fatti più salienti di una esperienza politica negli anni Novanta in funzione di una analisi sulla città. Se c’è un tradito quello è un sogno, chi è stata tradita è la comunità senese, questo si. C’erano tutti i presupposti perché Siena potesse svolgere un ruolo unico, fantastico a livello nazionale e internazionale: questo è il vero tradimento. Eravamo nelle condizioni di una apertura che poteva, sulla spinta dell’amministrazione comunale, aprire un blocco sociale più aperto e dinamico portando nuove figure al governo della città. C’erano le risorse finanziarie, basti pensare che la Fondazione Monte dei Paschi nel 2001 valeva 11 miliardi di euro. Soldi buttati al vento, senza costruire una ipotesi realistica di sviluppo economico. Il regolamento che accompagnava lo Statuto, che andava in questa direzione, non è mai stato utilizzato. Per non parlare del Monte dei Paschi. A questo proposito bisogna aprire una parentesi: chi ha governato non ha tradito solo i senesi, a partire da chi ci lavora, ma l’intera collettività dei risparmiatori che si riferivano alla banca senese. Quelli che poi sono intervenuti per salvarla. Una crisi fiduciaria enorme. C’era della progettualità non esaustiva, ovviamente, ma anche basi concrete su cui lavorare. Allora cosa è successo? Il partito di maggioranza, che ha governato in quel periodo con i suoi uomini di punta ha cambiato le carte in tavola. Dall’egemonia progettuale è passato al dominio di governo, quello che pensatori come Carl Schmitt hanno tradotto nella coppia amico-nemico. Il dominio ha inglobato nella sua azione persone che appartenevano anche a schieramenti diversi, come gli alleati, o la stessa opposizione. Il tutto è avvenuto durante l’attacco che da più parti proveniva alla Politica e che i politici hanno fatto di tutto per avvalorarlo. Il potere e la rendita che proveniva dalla Finanza ha assorbito e subordinato molti, moltissimi soggetti riducendo la città a una mono economia, sostituita oggi dal turismo anch’esso mono. Ciò ha prodotto un vuoto: i partiti sono diventati sempre più macchine elettorali utili solo a produrre annunci e candidati intorno ai quali si dividono. Certe lacerazioni magari si ricompongono nella logica del momento, ma si è sempre disposti a cambiare schieramento se i desiderata soggettivi non sono soddisfatti. Insomma, la cultura politica è ben al di sotto del senso comune, modi di fare sui quali Berlusconi e Salvini sono maestri. La città non ha un futuro credibile, anche perché i vizi sopra evidenziati sono stati fatti tutti propri dall’attuale maggioranza in Comune. Non si assiste neppure ad una ideologia populista, sarebbe chiedere troppo! Siamo al populismo da bar e a qualche interesse individuale. Di strategia nemmeno l’ombra, l’annuncismo è prassi che piace ai media, non a tutti i cittadini, per fortuna. Ed è proprio l’annuncio che ha fatto diventare Siena una città come tante, che importa modelli ormai obsoleti. Ma poi cosa c’è da stupirsi se i “maestri del pensiero” di questo modo di intendere la politica e l’amministrazione pubblica sono passati dall’essere i “consiglieri” dei personaggi più influenti della Sinistra cittadina agli attuali responsabili del governo cittadino? Un commentatore mi ha chiesto chi fosse, parafrasando Zola, il colonnello Hubert di Siena. Gli ho risposto, convincendolo: il potere trasversale che non è mai morto.
Infine non vorrei dare la sensazione che nulla sia ancora possibile: ci sono ancora degli spazi per cambiare e costruire il futuro, ma per farlo si richiedono qualità, competenze, determinazioni, caratteristiche escluse dalla rappresentanza politico, amministrativa attuale. Chissà? Non possiamo che sperare in energie nuove, che pur ci sono, per riprendere il sogno di una città diversa all’altezza del suo prestigioso. Persone che si muovono lontano dai riflettori, che non hanno bisogno del Mangia d’oro per impegnarsi nella politica e nel sociale.
5-fine