Il gioco dura da mesi, ormai. Con una certa disinvoltura, Berlusconi ha candidato il presidente della Bce, Mario Draghi; il numero uno di Fca, Sergio Marchionne; e, in modo meno ufficiale, ha espresso un «placet» sia verso l’attuale presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani; sia al ministro Carlo Calenda. È riuscito a evocare perfino un personaggio come l’ex comandante dell’Arma dei carabinieri, Leonardo Gallitelli, finito nel toto-premier senza neanche saperlo; e, da quanto si intuisce, a dir poco amareggiato per essere stato usato in una gara alla quale non ha mai pensato di partecipare.
Ma, in maniera diversa, queste candidature virtuali servono a Berlusconi per additare all’alleato leghista una serie di opzioni che hanno una cosa in comune: l’eventuale capo del governo deve avere stimmate moderate; e possibilmente essere trasversale, in grado di calamitare consensi parlamentari da ogni parte. Si tratta di silhouettes agli antipodi rispetto a quelle di Salvini. E insidiose per il segretario della Lega, perché i sondaggi danno FI in ripresa rispetto al Carroccio: per questo oggi è più cauto sul proprio approdo.
«Decideranno gli italiani se prevarrà l’idea di centrodestra di Berlusconi, che abbiamo provato, o una che abbia un’impronta più coraggiosa, più dinamica», ha dichiarato ieri Salvini. E ha ribadito di avere chiesto al capo di FI «garanzie che chi vota per noi non vedrà mai i suoi voti a sostegno di governi diversi o di sinistra». Insomma, lo scontro è anche sulle alleanze post-elettorali. L’ombra di un patto tra Berlusconi e il Pd di Matteo Renzi non si è dissolta: sebbene sia diventato meno probabile, per il calo di consensi ai dem e per i timori di una spaccatura nei due schieramenti.
L’argomento, però, continuerà a essere utilizzato come arma di propaganda tra le sinistre e nella competizione tra FI, Lega e i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. La Lega sa che qualunque innesto centrista andrebbe a favore di una coalizione più moderata. E infatti intima a Berlusconi di non candidare «chi ha mal governato il Paese in questi anni con la sinistra». È un altolà netto, che però cerca di fissare rapporti di forza in piena evoluzione. Per recuperare una parte dell’astensionismo, non si può solo inseguire il M5S ma cercare consensi dovunque: anche al centro.
Corriere della Sera – Massimo Franco – 12/12/2017 pg. 11 ed. Nazionale.