di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi
Ciò di cui l’Italia oggi ha più bisogno è tantissima liquidità. Tanta quanta ne serve per chiudere il buco aperto da una caduta del reddito che, alla fine dell’anno, varrà, secondo le previsioni del Fondo monetario internazionale, oltre 150 miliardi di euro. Serve liquidità affinché chi non può lavorare non perda il suo reddito e quindi possa continuare a consumare: se così non accadesse, agli effetti del lockdown sulla produzione si sommerebbe una straordinaria contrazione della domanda. E serve liquidità per evitare che le aziende falliscano; per far fronte alla straordinaria pressione sul sistema sanitario, che ha dimostrato di avere medici e infermieri eroici, ma gravi carenze strutturali. Paragoniamo le conseguenze del virus in Lombardia e nella vicina Germania. Eppure la nostra spesa pubblica complessiva è 4 punti di Pil più alta di quella tedesca: abbiamo speso per decenni per tutto e di più, accumulando un enorme debito anche in periodi di normale crescita del Pil, ma nella sanità spendiamo due punti e mezzo di Pil meno della Germania. Serve liquidità affinché la decisione su quando ripartire la prendano medici e virologi, magari con l’aiuto di qualche economista, ma non la prendano imprenditori sull’orlo del collasso.
N on possiamo rimanere chiusi finché non si scoprirà un vaccino, il che non sarà presto, purtroppo. Ma non possiamo neppure permetterci di riaprire senza un programma di test ben avviato e sufficientemente diffuso: è mai possibile che in tre mesi non si sia riusciti a copiare quanto fatto a Seul o a Taiwan, o più semplicemente a Berlino? Se riaprissimo in modo confuso e alla cieca rischieremmo di dover richiudere tutti in casa fra poche settimane, compresi coloro che potrebbero uscire e lavorare senza rischi: un nuovo stress che le imprese e i cittadini farebbero molta fatica a sopportare. A quel punto gli effetti negativi sulla salute stessa dei cittadini, depressione, ansia, suicidi, violenze familiari sarebbero effetti secondari della cura assai pesanti. Non solo ma «c’è il rischio che si infiltri la criminalità» nel vasto progetto di sostegno dell’economia, ha dichiarato ieri in Parlamento la ministra Luciana Lamorgese.
Dove si trova tanta liquidità? Certo non tassando un’economia che non produce: la si affosserebbe definitivamente. Le tasse non si alzano durante una recessione. Al massimo quando è finita.
Tantomeno ricorrendo a forme di prelievo forzoso: per ogni euro incassato forzosamente lo Stato ne perderebbe molti di più perché un prelievo obbligatorio, ad esempio un’imposta patrimoniale, segnalerebbe che abbiamo perso l’accesso al mercato. Il debito che è detenuto all’estero non verrebbe rinnovato e anche gli italiani cercherebbero di disfarsene.
Allora dove trovare la liquidità? Nonostante un’iniziale gaffe della sua presidente, la Bce è intervenuta massicciamente per fornire liquidità. Nel mese di marzo la banca ha annunciato che da ora a fine anno acquisterà titoli pubblici e privati per 930 miliardi di euro. La nostra quota è il 13 per cento, quindi 120 miliardi circa. E la Bce ha anche detto che, se necessario, quella cifra nel corso dell’anno potrà essere aumentata.
Quindi tutte le discussioni su Mes, eurobond, Recovery fund sono inutili? No, perché la Bce può spegnere un incendio, ma poi gli incendi vanno prevenuti ed evitati. La Bce non può acquistare un trilione di titoli all’anno per sempre. Per questo ci vogliono il Mes, gli eurobond o qualche altro meccanismo per far fronte a choc comuni, cioè choc, come il Covid, che colpiscono tutti i Paesi dell’euro. Questa pandemia non sarà l’ultimo choc comune per l’eurozona.
Problema già risolto quindi? Assolutamente no: il vertice europeo di domani è cruciale. Chiedetevi che cosa potrebbe accadere se domani i Paesi dell’eurozona litigassero e la riunione terminasse senza un comunicato congiunto, ad esempio perché il presidente del Consiglio italiano si impunta sugli eurobond e il suo collega olandese non ne vuole sentir parlare, come è accaduto nella penultima riunione dell’eurogruppo. Dopo un Consiglio europeo che finisse male lo spread sui titoli di Stato italiani si impennerebbe e solo gli interventi della Bce riuscirebbero ad abbassarlo. La Bce può farlo, ma solo sbilanciando i suoi acquisti di titoli a favore dell’Italia. La sua posizione diverrebbe sempre più difficile, guardata con sospetto dai Paesi del Nord Europa.
Che Salvini spari a zero sull’Europa è comprensibile. La sua è una scelta politica, a nostro parere folle, ma lucida. Il suo scopo è portarci fuori dall’Europa. Ma che il presidente del Consiglio affronti le riunioni europee con frasi tipo «Pronti a fare da soli» non solo è controproducente, è assolutamente privo di credibilità. Come può l’Italia minacciare di uscire dall’Europa e dall’euro? Che cosa succederebbe se fossimo da soli? La liquidità dovrebbe fornirla la Banca d’Italia, e una lira non ancorata all’euro si svaluterebbe come accadeva negli anni Novanta, quando la lira si svalutava un anno sì e l’altro pure, senza che la nostra competitività nel commercio internazionale migliorasse stabilmente. Gli investitori esteri fuggirebbero spaventati dal rischio svalutazione, gli italiani, a meno che non glielo si impedisca per legge, investirebbero in euro e dollari. I nostri titoli perderebbero valore e i tassi sul debito pubblico schizzerebbero. Una strada che ci porterebbe dritti verso un default sul debito, o a causa dell’inflazione o per decreto. Davvero qualcuno pensa che sia un’alternativa preferibile a una sia pure imperfetta Europa?
Siamo un popolo straordinario, capace di produrre ricerca d’ avanguardia, capace di creare grandi aziende e grandi innovazioni, con i nostri combattenti in prima linea contro il virus abbiamo dimostrato un eroismo che ha commosso tutto il mondo. Ma l’Europa non discute con gli italiani, discute con i rappresentanti del nostro Stato. Che è uno Stato indebitato, che spesso ha gettato al vento le tasse pagate dai cittadini, accumulando debito inutilmente, che non sa spendere i fondi europei, che in due mesi non è riuscito a imparare dalla Corea del Sud a mettere in piedi un sistema per testare, isolare e affrontare il Covid. Che alcuni rappresentanti dei Paesi del Nord Europa siano talvolta gretti non c’e dubbio. Ma noi dobbiamo essere un po’ più umili e realistici nel riconoscere che chi non si fida dei rappresentanti del nostro Stato qualche motivo in passato l’ha avuto.