di Fabrizio Massaro
L’ex ministro: Bruxelles è ragionevole, Stato decisivo
«È dubbio se sia stato Brecht o Stalin a chiedersi se sia un reato più grave fondare o rapinare una banca. Un addendum al dilemma oggi è: è reato più grave affondare invece di salvare una banca? Sto parlando del Montepaschi, da un decennio storia di tentativi costosi e non riusciti». Così la vede l’ex ministro del Tesoro, Giulio Tremonti. La strada per far uscire Mps dall’empasse è un intervento dello Stato. Ma a certe condizioni.
Quanto costerà all’Italia?
«A oggi le ipotesi di salvataggio con la costituzione di una dote — tra crediti fiscali delle Dta, inventivi all’esodo, costi di ristrutturazione, capitali per farla ripartire, copertura dei 10 miliardi di cause legali — richiedono una cifra estremamente elevata. Grosso modo 20 miliardi».
E quindi l’alternativa?
«Molto riguarda il passato: allora io dico “dimenticare il passato”, in una logica sabbatica, come nella Bibbia. Significa non risalire alle cause del dissesto, non sindacare la gestione fatta finora, non discutere tutto quello che è stato fatto alla banca da politica, fondazione e partiti».
In concreto?
«Primo punto, le liti: la principale è quella della Fondazione Mps, da 3,8 miliardi. Ma che senso ha la lite? Se vince, distrugge la banca e non ottiene l’effetto politico di conservare Mps a Siena. È una causa suicida. Se invece transasse, per esempio rinunciasse in cambio di una quota azionaria, anche simbolica, otterrebbe il suo obiettivo principale, che è la continuazione del Monte. Già questo ridurrebbe significativamente il fabbisogno di intervento. Anche altre liti possono essere trattate allo stesso modo».
E la vigilanza del Tesoro?
Fondazione Mps chiede alla banca 3,8 miliardi ma è una causa suicida: se vince distrugge la banca e non ottiene l’effetto politico di conservare a Siena il Monte
«Essendo le fondazioni private, nel caso l’ok del direttore generale sarebbe dovuto».
Accordo stile Parmalat?
«Non mi parli di Parmalat, per come è finita, la prego! Comunque sì, più o meno va in quella direzione. Escluso il finanziere che rappresenta i fondi (Giuseppe Bivona ndr), ci sono altri claim che potrebbero trasformarsi in un investimento. A questo punto, anche dal mercato potresti avere un interesse sul Monte. Dal punto di vista dell’interesse nazionale, è importante avere una baca Mps forte».
E poi? Se la tiene lo Stato e ci mette altri soldi?
«Dal lato europeo l’atteggiamento della Bce è molto ragionevole; viole evitare una bancarotta. Poi c’è la DgComp. Ferme le ragioni della concorrenza, viviamo un tempo particolare. La cifra concessa in Europa in aiuti di Stato per il Covid è enorme, tale di sovvertire ogni criterio di mercato per salvare il mercato. Si parla di trilioni, metà dei quali finiti in Germania, che ha così indirettamente aiutato anche le sue banche».
Quindi Mps pubblica?
«Se questo è lo scenario, un punto potrebbe essere: facciamo il salvataggio senza spezzatino, per fare restare Mps la quarta banca italiana. Se invece restano le cause, devi per forza fare lo spezzatino. Lo Stato allora deve mettere 2,5 miliardi di capitale, altri 2,5 di Dta e poi accollarsi il rischio delle cause. Alla fine l’onere per l’erario supera quanto è già stato speso, senza considerare le difficoltà tecniche: chi prende la banca? Chi la scompone, quali altre banche coinvolgi? È molto difficile».